
Title | : | Le ceneri di Gramsci |
Author | : | |
Rating | : | |
ISBN | : | - |
Language | : | Italian |
Format Type | : | Paperback |
Number of Pages | : | 138 |
Publication | : | First published January 1, 1957 |
Awards | : | Premio Viareggio (1957) |
Le ceneri di Gramsci Reviews
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Lette in branda durante il servizio militare a Cassino nel ’79. Pasolini era stato assassinato appena quattro anni prima. Non sapevo nulla di Pasolini scrittore, poco di Pasolini regista, se non “Accattone” e “Il Vangelo secondo Matteo”. Mi piacquero queste poesie scritte tra il 1951 ed il 1956 (i fatti d’Ungheria!). Raccontavano in maniera rapita e dolente un’esperienza di vita e un’esperienza d’Italia che di lì a poco sarebbe scomparsa, divorata dal boom economico e dalla cultura di massa. I viali di una Roma silenziosa… ma dove, ma quando? Ho dei ricordi lontanissimi di Piazza Zama quasi senza auto, in un’estate del 1967, col mio babbo e la mia mamma… ma cosa c’entra con Pasolini?
I versi de “L’Appennino” mi commossero. Alcuni li imparai a memoria.
Li ho riletti. Le emozioni non sono però più le stesse. Allora, in branda, ero innamorato perdutamente, un amore non corrisposto, e quei versi elegiaci e dolenti li sentivo miei… Erano altri cieli e altri soli nel ’79… -
Een van de meest sublieme gedichten die ik ken.
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"Es un murmullo la vida, y estos perdidos
en ella, la pierden serenamente
si el corazón tienen colmo de ella: a gozar
he los miserables, el atardecer; y potente
en ellos, inerme para ellos, el mito
renace...Pero yo con el corazón consciente
de quien solamente en la historia tiene vida
¿podré alguna vez por pura pasión actuar
si sé que nuestra historia ha concluido?"
*
"È un brusio la vita, e questi persi
in essa, la perdono serenamente,
se il cuore ne hanno pieno: a godersi
eccoli, miseri, la sera: e potente
in essi, inermi, per essi, il mito
rinasce... Ma io, con il cuore cosciente
di chi soltanto nella storia ha vita,
potrò mai più con pura passione operare,
se so che la nostra storia è finita?" -
Come Julia Roberts all'Opera in Pretty Woman.
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Pasolini es bestial. Sus palabras son rápidas, exigentes, precisas, hilvanadas bajo el frenesí del que entiende de qué va todo lo que está diciendo. No le sobra nada; no aspira a nada más que a la expresión de sus afectos, anclados a una preocupación tanto moral como política que es ineludible al lector. De allí que su lectura no sea rápida ni desprevenida; por el contrario, es exigente: a lo hecho por Pasolini hay que rumiarlo, tanto en su cine como en su literatura. Sus obras, incestuosamente políticas y puritanamente amorales, surcan un camino en el que lo escatológico es manifestación de los miedos políticos. Sin embargo, los poemas que más me llegaron son aquellos más simples, menos contestarios, más "personales", si se quiere:
El ángel impuro
Heme aquí entonces en plena
excelsa confidencia
con mi presencia,
ángel impuro que amo.
Cuánto estéril horror
urge si toco el cuerpo
que de muchacho amaba
por certeza de amor.
Pero no sé horrorizarme,
no sé abandonarme...
Al Dios que no da vida
pido no morir.
De paso, aprovecho este pequeño comentario para agradecer a la Facultad de Ciencias Humanas de la Universidad Nacional de Colombia; en especial, a aquellos que trabajan en ese pequeño gran sello que es "Señal que Cabalgamos". Sus libros, siempre impecables en la traducción y comentarios editoriales, son un esfuerzo inmenso por regalarnos textos cortos de inmenso valor literario. En este caso, las 72 páginas que supe leer me alegraron dos tardes soleadas en las que la hierba amarilla parecía querer colarse por la ventana... -
«در هر دو جهان
حتی یک آتشبس موقت از آن ما نیست.
انتخاب، تعهد... هیچ نیستند مگر اصواتی در این گورستان پژمردهی اشرافی.
اینجا که تقلبی مبرم، زندگی برجایمانده را در مرگ بیصدا کرده است.»
پازولینی. پازولینی. پازولینی. آه. -
Come un tremito o una cieca risacca
passa sulla folla disordinata tra i clivi,
i prati senza erba, le baracche,
una musica intonata dalle bande
sparse qua e là, luccicando l'ottone
tra magliette e coccarde rosse,
nell'ingorgo del fiume senza nome.
Ed ecco, incerto, un vecchio si leva
dalla testa bianca il berretto,
afferra nella nuova ventata di passione
una bandiera retta sulle spalle
da uno che gli è davanti, al petto
se la stringe, e poi mentre cantano
tutti, affratellati intorno alle gialle
trombe paesane, si pianta
sulle vacillanti gambe, e scuote
al tempo la bandiera a lui santa
sopra le teste cantando con voce
rauca, di povero manovale ubriaco.
Poi il canto, che s'era levato
gioioso, disperato, cessa, e il vecchio
lascia cadere la bandiera, e lento,
con le lacrime agli occhi,
si ricalca in capo il suo berretto.
Su questa baraonda della Villa, il buio
che sommerge la disperata allegria,
è, forse, più l'ombra del dubbio
che la precoce notte. È la nostalgia
dei vecchi tempi, la paura, pur bandita,
dell'errore, che spira tanta malinconia
- non l'aria d'autunno, o una sopita
pioggia - sulla sfiorita festa.
Ma in questa malinconia è la vita.
Considerazione personale: non c'è niente che annulli il piacere di leggere una poesia tanto quanto la grigia analisi di quest'ultima. -
NELLA POESIA ‹‹UN UOMO FIORIVA››
"Le Ceneri di Gramsci" di Pier Paolo Pasolini
‹‹Su tutto puoi scavare, tempo: speranze//passioni. Ma non su queste forme/pure della vita… […]››, non sulla Poesia. Non sulla poesia di Foscolo, non sulla poesia di Leopardi, o di Pascoli. E neanche sulla poesia di Pasolini. Perché non è poesia solo ciò che viene scritto in versi, solo ciò che formalmente, visivamente, somigli alla poesia: la poesia, la vera Poesia, trabocca di vita. La senti palpitare, la vita, nei versi, nelle parole, nei fonemi perfino. Senti che stai vivendo lì, in quell’istante, in quelle immagini e in quei suoni. In questo volume sono raccolti undici poemetti che Pasolini scrisse tra il 1951 e il 1956, perlopiù strutturati in terzine di endecasillabi. È il metro di Dante, il metro della narrazione poetica. E Pasolini racconta; racconta l’Italia, racconta di Roma e di sé stesso. Passando da un poemetto all’altro il focus si restringe, e l’autore ci costringe ad osservare l’Italia, la nostra Italia, a distanza sempre più ravvicinata: nel suo paesaggio, nella sua storia, nelle sue ideologie, nel suo popolo. Un popolo che non è vincitore, che non ha un futuro radioso davanti a sé, ma un popolo che lotta per la sopravvivenza, che soffre, che sta nel fango del lavoro e del sudore. Immagini forti, crude, che non hanno niente di bello o poetico. Eppure Pasolini riesce a trarne la poesia. Non c’è più l’Arcadia, il panismo dannunziano, non c’è la delicatezza paesaggistica di Pascoli, la melanconia intrisa di meraviglia di Leopardi, il lirismo di Foscolo. C’è la realtà, vera e terribile come in un infinito Inferno dantesco. La realtà delle cose, la realtà della fatica e del dolore. La realtà della vita. Una realtà frammentata e ostica, come lo è anche la poesia di Pasolini: singhiozzante, difficile, con bruschi salti di immagini. Una realtà composita, piena di contraddizioni, resa con tutto il repertorio terminologico della lingua; e al centro di tutto c’è il poeta. La personalità forte e controversa di Pasolini emerge continuamente: l’io lirico dialoga con ciò che lo circonda, con il popolo, con il paesaggio, con i suoi fantasmi, con i resti di Gramsci e con la sua eredità, con una scavatrice che urla la sofferenza del vivere. Una sofferenza a cui la risposta, per ogni poeta, per ogni anima superiore, è sempre la stessa: ‹‹Solo l’amare conta, solo il conoscere/conta, non l’aver amato, /non l’aver conosciuto. […]››. Bisognerebbe leggere Pasolini. E rileggerlo continuamente. Nella sua personalità ambigua, nella sua vita piena di ombre, c’è una passione smisurata per la vita, che anche nelle tenebre della sofferenza è sempre degna di essere vissuta: ‹‹mite, violento rivoluzionario // nel cuore e nella lingua. Un uomo fioriva.››
Giada Di Pino -
Hermoso libro de poesía. Me encanta el largo aliento que Pasolini le da a sus poemas. Es algo que se debe tener en cuenta a la hora de escribir. Sobretodo por que lo hace de una manera casi ensayística, sin llegar a serlo. Pero digo ensayística porque toma una parte de algo o una cosa o un motivo y de ahí hace que deriven una serie de estrofas que se van uniendo a otros motivos a lo largo de todo el poema, para dar un panorama más completo, aunque detenido de cada parte. Como en el ensayo, uno toma un motivo y lo desarrolla a través de otros para lograr un efecto donde todo el universo se pueda desarrollar a través de un grano de arena, pero a la vez, se tome un tema concreto o una preocupación (artística, filosófica, teórica, personal, etc.)
El libro es muy complejo, pero muy sencillo. Complejo en el entramado, pero sencillo en el lenguaje y en los motivos. No sé cómo o por qué no se le ha dado a Pasolini el lugar que merece entre las letras italianas. Generalmente lo conocemos más como director de películas (hermosas) pero la verdad es que sus poemas son una maravilla de imágenes, de sencillez, de ese estar y no estar entre el pequeño filo entre lo real y lo irreal (como diría cierto escritor japonés sobre el arte). Recomiendo mucho este libro. Todos los poemas que contiene valen la pena leerse de forma detenida y con mucha atención. Además, es una buena excusa para emprender la tarea de aprender italiano y leerlo en su idioma original (si aún no se convencían de aprender italiano después de leer a Cesare Pavese o Alda Merini) -
melancholy, music, melody of the north. true anodyne to soul's torment and anguish.
Pasolini or Pavese? both great, but Pasolini earthier, humbler, deeper, more mature if that makes any sense... -
Pier Paolo Pasolini, nato a Bologna nel 1922 e morto tragicamente a Ostia nel 1975, va considerato uno degli intellettuali più acuti ed originali della nostra recente vita culturale per la costante adesione ai problemi del momento, l'indipendenza da ogni condizionatamente esterno e la costante funzione di critica e di stimolo.
La sua produzione fu via via indirizzata in varie direzioni: narratore del mondo delle borgate romane, abitate da una umanità elementare e ricca di vitalità istintiva, nei due romanzi Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959); poeta in lingua ed in dialetto friulano, in raccolte tra cui occorre citare Le ceneri di Gramsci (1957) e Poesie in forma di rosa (1964); regista cinematograficoin opere fortemente originali e provocatorie per il linguaggio e per i temi trattati; infine, specie negli ultimi anni, saggista costantemente in posizione critica sia verso la società capitalistica sia verso tutte le forme di involuzione che sapeva cogliere nella nostra vita sociale.
Per questi atteggiamenti di indipendenza e di anticorformismo, tutta la sua opera fu accompagnata da continue polemiche, non solo da parte degli ambienti più conservatori ma talora anche da parte degli intellettuali e delle forze politiche della sinistra marxista, alle cui posizioni egli era ideologicamente vicino, ma di cui non mancò di rivelare le contraddizioni.
Nella varietà dei temi e delle ricerche stilistiche resta costante in lui l'adesione alle voci più istintive ed umili dell'anima popolare: quel mondo ricco di atteggiamenti genuini e vitali, che con rimpianto egli vedeva a poco a poco sparire o modificarsi, travolto dalle trasformazioni in atto nella nostra società. E' stata questa la contraddizione di fondo che ha reso drammatica la sua figura di intellettuale: la nostalgia verso un vecchio mondo al di fuori della storia, accanto all'esigenza di agire positivamente per indirizzare la storia del nostro tempo verso forme di vita più giuste e più umane.
La lirica Il pianto della scavatrice si richiama ad entrambi questi atteggiamenti. Essa si forma su un quadro di vita consueto nelle periferie delle nostre città: un cantiere, edifici in costruzione, macchine che trasformano un paesaggio di spiazzi erbosi e di vecchie casupole in nuovi isolati di palazzi e di cortili. E' un vecchio mondo di forme a cui l'orecchio era abituato e che muoiono, accanto ad altre nuove che sorgono; ed il poeta, che pure sente la spinta generale della vita verso l'evoluzione ed il progresso, non può non fermarsi ad un senso di rimpianto, <>. -
Abbiamo perso prima di tutto un poeta
Questa fu la frase detta da Moravia alle esequie del genio di Casarsa: e, dopo aver rimandato per troppo tempo la lettura della poesia di PPP, devo concordare.
Pur ottimo regista, corsivista, romanziere, è la poesia la vera arte di questo gigante della cultura italiana - perchè nei versi le contraddizioni, i paradossi, le radicalità, le prospettive errate, le idealizzazioni irrealistiche, la passione irrazionale, la furia creatrice e distruttrice divengono non elementi di debolezza dell'opera (o, almeno, di incoerenze e smarrimenti), ma fonte di espressività fortissima e di stile curatissimo.
Come ottimamente illustrato nell'introduzione:
La divaricazione tra io e mondo, tra l’intellettuale borghese raffinato e il popolo, si risolve e sublima sul piano estetico.
I piccoli poemi da una decina di versi sono distinti sul piano del contenuto (dalla visione geografica-storica dell'Appennino, al dolente e passionale canto sulla tomba di Gramsci fino al riuscitissimo pezzo quasi narrativo del Pianto della Scavatrice, dove la pregnanza poetica rimane altissima pur in un flusso di prosa quasi da racconto) - dal punto di vista del contenuto, Pasolini sceglie la forza espressiva dell'ossimoro e del paradosso che ha una potenza incredibile nella poesia ed esprime in poche parole la tragedia, la sofferenza, l'ansia vitale dell'autore scaraventato nella ambiguità, complessità e vastità dell'esistenza. E tale tensione è trasmessa anche con le calibrate e perfette ripetizioni di particolari vocaboli: tempo, umano....
nel mistero chiara, perché pura e corrotta...
greco meridione fa decrepito e increato, sporco e splendido.
E Pasolini era ben conscio delle sue stesse contraddizioni (esistenziali e politiche), con splendide e oneste confessione di incoerenza in versi di grande poesia - Il poeta è cupo, triste, devitalizzato e si confronta con la gioia di vivere dei giovani lavoratori proletari, ignoranti non politicizzati ma vivi.
Ben protetto dall’impura virtù e dall’ebbro peccare, difendendo una ingenuità di ossesso, e con quale coscienza!, vive l’io: io, vivo, eludendo la vita, con nel petto il senso di una vita che sia oblio accorante, violento
Stupenda e misera città, che m’hai insegnato ciò che allegri e feroci gli uomini imparano bambini,
Sicuramente tra le opere poetiche italiane di maggior rilevanza del secolo scorso - Pasolini andrebbe riscoperto e studiato non tanto sul piano politico e sociale (livello sul quale si assiste alle peggiori strumentalizzazioni e banalizzazione del suo irriducibile pensiero), quando su quello artistico e, soprattutto, poetico. -
E' la prima raccolta di poesie di Pasolini che leggo e l'ho trovata entusiasmante.
C'è tanto Pascoli, mi pare, e tanti elementi che si ritrovano poi in altre opere. In particolare la passione per i ceti inferiori, dimenticati dalla Storia ma per questo ancora più vivi e veri.
La poesia che però mi ha più colpito è Comizio. Sia perchè particolarmente toccante nel momento in cui ricorda il fratello morto, sia perchè particolarmente attuale in questi tempi complessi, in cui dopo 75 anni ancora non abbiamo fatto i conti con quello che è successo con il fascismo.
Qui è più puro, nel suo quieto
terrore - se le sere ormai fonde
tremano agli ultimi brusii, poetici
di mera vita - l'incontro delle gronde
urbane con il buio del cielo.
E muri impalliditi, infeconde
aiuole, magri cornicioni, nel mistero
che li imbeve dal cosmo, familiare
e gaio fondono il loro. Ma stasera
un improvviso rovescio sulle ignare
fantasie del passante frana, e gela
il suo trasporto per le calde, care
pareti sconsacrate...
Non più, come un androne, di passi sonori
perché rari, di voci trasparenti,
perché quiete, tra splendori
d'umile pietra la piazza negli spenti
angoli trasale: né solitarie
frusciano le macchine dei potenti,
sfiorando il fianco del giovane paria
che inebbria coi suoi fischi la città...
Una smorta folla empie l'aria
d'irreali rumori. Un palco sta
su di essa, coperto di bandiere,
del cui bianco il bruno lume fa
un sudario, il verde acceca, annera
il rosso come di vecchio sangue. Arista
o tetro vegetale guizza cerea
nel mezzo la fiammella fascista.
Il dolore, inatteso, mi respinge
indietro, quasi a non voler vedere.
E invece con le lacrime che stingono
intorno il mondo così vivo, a sera
nella piazza, mi sospingo come
disincarnato in mezzo a questa fiera
di ombre. E guardo, ascolto. Roma
intorno è muta: è il silenzio, insieme,
della città e del cielo. Non risuona
voce su queste grida; il caldo seme
che il maggio germoglia pur nel fresco
notturno, un greve e antico gelo preme
sui muri preziosi, fatti mesti
come nei sensi di un fanciullo
angosciato... E più qui crescono
gli urli (e in cuore l'odio), più brullo
si fa intorno il deserto
dove il consueto, pigro sussurro
s'è stasera sperduto...
Ecco chi sono gli esemplari vivi,
vivi, di una parte di noi che, morta,
ci aveva illusi di essere nuovi - privi
d'essa per sempre. E invece, scorta
d'improvviso, in questa lieve piazza
orientale, ecco la sua falange, folta,
urlante - coi segni della razza
che nel popolo è oscura allegria
e in essa triste oscurità - che impazza
cantando la salute. E l'energia
sua non è che debolezza, offesa
sessuale, che non ha altra via
per essere passione, nella mente accesa,
che azioni troppo lecite od illecite:
e qui urla soltanto la borghese
impotenza a trascendere la specie,
la confusione della fede che
l'esalta, e disperatamente cresce
nell'uomo che non sa che luce ha in sé.
Resto in piedi tra questa folla quasi
il gelo, che da Trinità dei Monti,
dai duri vegetali del Pincio, rasi
contro le stelle e i chiusi orizzonti
spegne la città - mi spegnesse il petto,
rendendo puro stupore i monchi
sentimenti, pietà, amarezza. Getto
intorno sguardi che non mi sembran miei,
tanto sono diverso. Non é l'aspetto
di gente viva con me, questo, nei
suoi visi c'é un tempo morto che torna
inaspettato, odioso, quasi i bei
giorni della vittoria, i freschi giorni
del popolo, fossero essi, morti.
Per chi é andato avanti, ecco, intorno ,
il passato, i fantasmi, i risorti
istinti. Questi visi giovanili
precocemente vecchi, questi storti
sguardi di gente onesta, queste vili
espressioni di coraggio.La memoria
era dunque così smorta e sottile
da non ricordarli? Tra i clamori
cammino muto, o forse sono muti
essi, nella tempesta che ho nel cuore.
E nel senso di perdita del proprio
corpo, che dà un'angoscia improvvisa,
in silenzio al fianco mi si scopre
un compagno. Con me, intento e indeciso,
si muove tra la ressa, con me guarda
nei visi questa gente, con me il misero
corpo trascina tra petti che coccarde
colmano di vile orgoglio. Poi su me
posa lo sguardo. Tristemente gli arde
col pudore che ben conosco; ed é
così mio quello sguardo fraterno!
così profondamente familiare, nel
pensiero che dà a questi atti senso eterno!
E in questo triste sguardo d'intesa,
per la prima volta, dall'inverno
in cui la sua ventura fu appresa,
e mai creduta, mio fratello mi sorride,
mi é vicino. Ha dolorosa e accesa,
nel sorriso, la luce con cui vide,
oscuro partigiano, non ventenne
ancora, come era da decidere
con vera dignità, con furia indenne
d'odio, la nuova nostra storia: e un'ombra,
in quei poveri occhi, umiliante e solenne...
Egli chiede pietà, con quel suo modesto,
tremendo sguardo, non per il suo destino,
ma per il nostro... Ed è lui, il troppo onesto,
il troppo puro, che deve andare a capo chino?
Mendicare un pò di luce per questo
mondo rinato in un oscuro mattino? -
Sólo importa el amar, el conocer. No el haber amado, no el haber conocido. Produce angustia vivir de un amor extinguido. El alma no progresa.
pasolini hablando verdades -
Sarà che stavo studiando Leopardi nel frattempo, e sarà che Pasolini stesso doveva ancora compiere passi fondamentali della sua maturazione poetica, ma le prime poesie di questa raccolta non sono state di mio gusto, anzi: non mi sono parse affatto poetiche. Non è una questione di materia: nelle mani di un talentuoso non è rilevante. Ma ci sono alcuni versi in "Il canto popolare" e in "Picasso" che, mi rincresce dirlo, mi sono sembrati quasi mandati a capo a caso, senza motivazione alcuna: nemmeno la rima.
Essendo entrambe le poesie collocate all'inizio della raccolta, hanno sicuramente contribuito a formare un pregiudizio in me che mi ha impedito di apprezzare appieno le poesie successive.
Penso comunque si possa notare un'evoluzione della tecnica e della maestria di Pasolini verso la fine del libro.
Consiglio ad esempio un'immagine bellissima, un uomo anziano a un corteo, se non erro all'82ma terzina del poemetto "Polemica in versi".
La mia conclusione: la mia professoressa di letteratura non avrà un compito facile nel cercare di farmi apprezzare Pasolini come poeta. Se mai ci riuscirà. -
Libro difficile. Non è la prima volta che lo leggo. E continuo a capire poco. Ho cercato un po su internet per capire di più. Ho trovato poco. Questa "spiegazione" (spiegare come si spiega una tovaglia per esempio) è l'eccezione: Il pianto della scavatrice.
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Doloroso.
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Simplemente la poesía se debe leer en su idioma original en el que fue escrito. Este libro bilingüe contiene las poesías más patrióticas e idealistas del passollini en italiano y español.
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«ma a che serve la luce?»
(156) -
Il tema impegnato non è il mio genere, ma alcuni passaggi lirici molto molto belli mi hanno confermato che non potevo ignorare questa raccolta.
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Ancora attuale in alcune sue parti, una grande opera non di facile lettura
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Citaat : De as van Gramsci... Tussen hoop/ en oud wantrouwen nader ik tot jou, door toeval/ hier aanbeland in deze schrale serre, sta ik voor/ jouw graf, voor jouw geest die achterbleef/ hier tussen deze vrije geesten/
Review : In zijn korte, rusteloze en gewelddadig afgebroken leven (1922-1975) was Pasolini een artistieke duizendpoot: dichter, romancier, essayist, toneelschrijver, pamflettist, filoloog, cineast, scenarist (en acteur in verscheidene van zijn eigen en andermans films), tekenaar, schilder... Maar hij beschouwde zichzelf, zo blijkt uit meer dan één interview, in de eerste plaats als een dichter. Pasolini debuteerde in 1942 met de dichtbundel Poesie a Casarsa, geschreven in het Friulisch, een met het Reto-Romaans verwante taal. Dat was op zich al een statement in een periode waarin het fascisme alle minderheidstalen in Italië probeerde te verstikken. Pier Paolo, opgegroeid en intellectueel gevormd in de diverse steden waarnaar zijn vader, legerofficier, werd overgeplaatst, wordt er would-be onderwijzer in een dorpsschooltje en communistisch militant. Hij ontdekt er — idealiserend — het boerenleven en wordt zich tegelijk bewust van zijn homo-erotische geaardheid. Zijn jongere broer Guido voegt zich bij het antifascistische verzet, maar sneuvelt in het grensgebied tussen Italië en het huidige Slovenië in een confrontatie met een rivaliserende Titoïstische verzetsgroep. In 1949 volgt een tweede drama: wegens ‘daden van onkuisheid’ — de titel van zijn postuum gepubliceerde autobiografische roman uit die periode — wordt hij uit de communistische partij gestoten en afgezet als onderwijzer. Om de schande te ontlopen verhuist hij met zijn moeder (zijn vader, alcoholist, is de grote afwezige in zijn leven) naar een proletarische wijk van Rome.
Deze biografische elementen zijn essentieel voor het begrijpen van het lange, nu eens lyrische en dan weer betogende gedicht De as van Gramsci uit 1954, misschien wel het belangrijkste uit Pasolini’s omvangrijke poëtische oeuvre. De setting is het Cimitero degli acattolici, het kerkhof van de niet-katholieken naast de piramide van Cestius in de Romeinse volkswijk Testaccio, bij het graf van Antonio Gramsci (1891-1937), de in gevangenschap gestorven medeoprichter en (bij de stalinisten in een reuk van ketterij staande) ideoloog van de Italiaanse Communistische Partij. Het is een gedicht waarin hij, afwisselend in een fictieve dialoog met Gramsci en een monologue intérieur, terugblikt op de jaren die achter hem liggen en tegelijk een — sombere — vooruitblik werpt op wat in zijn ogen de westerse maatschappij te wachten staat. Het is een gedicht waarin Pasolini zijn innerlijke contradicties uitschreeuwt: aan de ene kant zijn geloof in een maakbare wereld, dat hem in zijn jeugd eerst naar een bijna extatisch katholicisme en daarna naar een communistisch engagement heeft gedreven, en aan de andere kant zijn sterk erotisch geladen ‘wanhopige vitaliteit’, die hem — in het besef fundamenteel een bourgeois te zijn — niet naar ‘het volk’ toe drijft, maar naar het jonge vlees van dat volk, of het nu boerenknapen uit Friuli zijn of subproletarische nozems uit de Romeinse buitenwijken.Tegen Gramsci’s schim moet hij dan ook bekennen: ‘Het schandaal mijzelf tegen te spreken, met jou / te zijn en tegen jou, met jou in het hart, / in het licht, tegen jou in de donkere ingewanden’.
Die schrijnende contradictie, die het hele oeuvre van Pasolini kenmerkt (welke filmliefhebber kan Het evangelie volgens Mattheus verbinden met Salò, of De 120 dagen van Sodoma?) zit ook in de vorm van De as van Gramsci. Daarvoor grijpt Pasolini terug naar de elflettergrepige terzine van Dante’s Divina Commedia, die hij echter op allerlei manieren manipuleert: door af te wijken van het geijkte metrum, door halfrijmen of assonanties, door verzen af te breken. Daarbij hanteert hij een linguïstisch amalgaam waarbij verheven woorden en syntagma’s worden afgewisseld met alledaagse, banale woorden. Zo zet hij zich, als eeuwige rebel, tegelijk af tegen de twee in die tijd in de Italiaanse poëzie heersende stromingen: het ‘hermetisme’ en de ‘neo-avant-garde’.
Luc Devoldere heeft dit poëem vertaald zoals we dat vroeger van klassieke gedichten gewend waren: zonder de formele eigenaardigheden van het origineel te willen overbrengen (wat in dit geval een bijna onmogelijke opgave is, gegeven het verschil tussen de Italiaanse en de Nederlandse traditie), met de bron- en de doeltekst naast elkaar en daartussenin een reeks verklarende noten. De vertaling wordt beknopt en helder ingeleid en gevolgd door een lyrische meditatie bij het graf van Pasolini in Casarsa. Voor wie de heel bijzondere begraafplaats van de niet-katholieken in Rome (met o.m. het graf van Shelley, waaraan in het gedicht wordt gerefereerd) nooit bezocht heeft, vormen de mooie foto’s vaneen welkome aanvulling. -
Lo scandalo del contraddirmi,
dell'essere
con te e contro te; con te nel core,
in luce, contro te nelle buie viscere;
del mio paterno stato traditore
- nel pensiero, in un'ombra di azione -
mi so ad esso attaccato nel calore
degli istinti, dell'estetica passione;
attratto da una vita proletaria
a te anteriore, è per me religione
la sua allegria, non la millenaria
sua lotta: la sua natura, non la sua
coscienza: è la forza originaria
dell'uomo, che nell'atto s'è perduta,
a darle l'ebbrezza della nostalgia,
una luce poetica: ed altro più
io non so dirne, che non sia
giusto ma non sincero, astratto
amore, non accorante simpatia...
Come i poveri povero, mi attacco
come loro a umilianti speranze,
come loro per vivere mi batto
ogni giorno. Ma nella desolante
mia condizione di diseredato,
io possiedo: ed è il più esaltante
dei possessi borghesi, lo stato
più assoluto. Ma come io possiedo la
storia,
essa mi possiede; ne sono illuminato:
ma a che serve la luce?
///
Evocativa, descrittiva, ma anche riflessiva, la poesia di Pasolini si incentra sulla sua passione politica, la storia del paese italiano e le esperienze dell'autore. Ogni poesia ne risente del suo pensiero, della sua filosofia di vita... Queste sue riflessioni sono incastonate in una più grande cornice lirica che descrive luoghi, eventi, momenti vissuti. È un buon modo per conoscere l'autore attraverso i suoi versi. -
"La luce del futuro non cessa un solo istante /di ferirci: è qui, che brucia/in ogni nostro atto quotidiano,"
Immersa nell'angoscia di Pasolini, così carnale, così vivida attraverso le sue parole. Poesie semplici, senza troppi fronzoli, capaci di penetrare nel corpo e trasportati altrove, farti sentire a casa, farti sentire compresa. Parla semplicemente per farsi capire da tutti. -
Opera abbastanza complicata se non si conosce almeno un minimo della vita e della visione di Pasolini.
Posso dire che in un momento in cui siamo confinati a casa, leggere la mia città Roma attraverso i suoi occhi mi ha fatto scendere una lacrimuccia...si percepisce proprio l'amore che aveva per questa città e le persone che ci vivevano.
Con questi poemetti si è veramente superato, sono tutti essenziali al fine dell'opera e non ne toglierei neanche uno. -
Probablemente tenga que ver que no he entendido gran cosa, pues está lleno de referencias locales, pero solo un poema me ha parecido digo de mención: la tierra del trabajo. El resto me han parecido aburridos, insulsos, poco líricos.
-
Vorrei aver studiato Pasolini meglio a scuola ...
-
Un saludo a FCA por hablarnos de Passolini.