Parole by Antonia Pozzi


Parole
Title : Parole
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ISBN : 881166926X
ISBN-10 : 9788811669265
Language : Italian
Format Type : Hardcover
Number of Pages : 424
Publication : First published January 1, 2001

La crisi di un'epoca s'intreccia alla sua tragedia personale e se, come scrisse in una lettera,  «la poesia ha questo compito di prendere tutto il dolore che ci spumeggia e ci rimbalza nell'anima e di placarlo, di trasfigurarlo nella suprema calma dell'arte, così come sfociano i fiumi nella celeste vastità del mare» , quel dolore non si placa nella sua poesia ma, come un fiume carsico, ora vi circola sotterraneo e ora emerge e tracima, sommergendo l'espressione poetica nel modo stesso in cui travolse la sua vita.


Parole Reviews


  • Rosanna

    Dei poeti mi piacciono le persone che sono.
    Questa ragazza di 26 anni che finisce la sua vita pensandola inutile nonostante Amore da inventare: Antonia e il peso del suo cuore, Antonia e il suo mondo di illusioni che la fa donna prigioniera del suo tempo: il dramma di ognuno di noi, a pensarci bene, ma per lei un po' di più.
    Pensando di non essere in grado di scrivere versi, descrive ciò che vede e questo, poeticamente, si trasforma in ciò che prova: sentirsi così tanto parte della Natura da andarle incontro con pazienza e cammino, arrampicandosi per sentieri e monti, ammirando specchi d'acqua dove riflettere la sua anima, non vedendola. Non mi spiego perché. O meglio, sì e non dirò altro.
    Solo, voglio abbracciare questa giovane donna attraverso la lettura delle sue Parole, piene di un amore cupo ma dal respiro profondo di fronte a cime e cielo. Parole piene di suoni, di foglie calpestate da scarponcini veloci, veloci come pensieri di Morte.
    Lo so, Antonia. Tutta quella storia del sogno infranto, vecchia come una mela marcia, che ti diede quella triste e malinconica certezza di essere inane, un albero cavo, un arido ricetto, mani vuote, cuore diviso in mille cristalli sparsi: so tutto. Troppo pochi gli anni tuoi, però. Non hai dato tempo a Poesia di consolarti, di farti sua, di prendere i tuoi sospiri e farne leggiadri sogni di Futuro.

  • Dagio_maya

    Tu lo vedi, sorella:
    io sono stanca,
    stanca,
    logora,
    scossa"


    Una fatica immane leggere questi versi.

    La silloge poetica “Parole” fu pubblicata postuma (1939) e rimaneggiata in varie riedizioni.
    Le liriche raccolte sono produzioni che vanno dal 1929 al 1938, anno in cui Antonia Pozzi, a soli 26 anni, si tolse la vita.
    Un suicidio che la famiglia Pozzi nascose a lungo dietro a bugie che avrebbero dovuto mascherare di decoro borghese la vergogna di una fine giudicata volgare.

    Questa lettura è stata faticosa perché procedendo (le poesie sono ordinate in ordine cronologico tranne l’ultima sezione di inediti) si sente chiaramente il male che cresce.

    E’ solo il 1931 quando scrive:

    ” Oh, le parole prigioniere
    che battono battono
    furiosamente
    alla porta dell'anima
    e la porta dell'anima
    che a palmo a palmo
    spietatamente
    si chiude!
    Ed ogni giorno il varco si stringe ed ogni giorno l'assalto è più duro. “


    Sette anni prima di farla finita.

    La poetica di Antonia Pozzi è un grido che sale d'intensità.
    Cercando conforto nell’estetica dei paesaggi si aggrappa alle parole ma in lei la notte incombe.

    Come quando si guarda un quadro e si indietreggia soffermandosi su altre prospettive, anche qui andando avanti nella lettura mi accorgo che i versi che cantano la vita nascondo terrificanti oscurità: ombre, silenzi, vuoti e quel perenne senso di caducità.

    Anche le parole a volte tradiscono (” Parole – vetri/ che infedelmente /rispecchiate il mio cielo” - “Rifessi”- 1933) e al peso che si sente nel cuore non rimane che un Desiderio di cose leggere

    ” A cuore scalzo
    e con laceri pesi
    di gioia.”

    (“Luci libere”- 1938)

  • Steven Godin


    Maybe that's not even true
    what you sometimes hear screaming in your heart:
    that this life is,
    inside your being,
    a nothing
    and that what you called the light
    it's a mistake,
    the supreme blunder
    of your sick eyes -
    and that what you pretended to be the goal
    is a dream,
    the infamous dream
    of your weakness.

    Maybe life really is
    which you discover in the young days:
    an eternal breath that seeks
    from sky to sky
    who knows what height.

    But we are like the grass in the meadows
    who feels the wind pass over him
    and everyone sings in the wind
    and always lives in the wind,
    yet it does not know how to grow
    to stop that supreme flight
    nor leap up from the earth
    to drown in him.

    - - -

    This is not being dead,
    this is to come back
    to the village, to the cradle:
    clear is the day
    like a mother's smile
    that she was waiting for.
    Frosted fields, silver trees, chrysanthemums
    blondes: the girls
    dressed in white,
    with the frost-colored veil,
    the water color voice
    still alive
    among earthy warriors.
    The flames of the candles, shipwrecked
    in the splendor of the morning,
    they say what it is
    this vanishing
    of earthly things
    - sweet -,
    this coming back of humans,
    for aircraft decks
    of heaven,
    through white crests of mountains
    dreamed,
    to the other shore, to the meadows
    Of sun.

    - - -

    I was born married to you soldier.
    I know that in marches and wars
    long seasons tear you away from me.

    Curve on the hearth aduno bragi,
    over your bed I spread a banner -
    but if I think of you in the open
    it rains on my autumn body
    as in a cut forest.

    When the September sky flashes
    and it looks like a gigantic weapon on the mountains,
    red sages bloom on my heart;
    That you call me
    that you use me
    with the confidence you give to things,
    like water you pour on your hands
    or wool that you wrap around your chest.

    I am the thin hedge of your garden
    that is silent to bloom
    under convoys of gypsy stars.

    - - -

    Slow, exhausted gloom
    of a damp courtyard
    in a garden mask;
    ostentatious greenness
    of a sterile fig
    who knows neither the wind nor the sun;
    melancholy of a small pointed window,
    of a balcony cluttered with dead leaves,
    of a poor black branch nailed to the wall
    which unfolds above the gallery
    in four withered vine leaves.
    Here the hour of grace cannot be
    if not the hour of the bells:
    when in the evening, singing,
    he throws himself from the looming towers
    and like water full
    every earthly pit;
    when on every hard ground
    that aches in the mask of wealth
    in the evening, like water, it reflects,
    from the sky to the bottom, a few rays of stars.

  • Chiara Canu

    Che scoperta, che rivelazione, Antonia Pozzi. Le sue poesie giungono come luce dentro un punto nascosto del cuore, versi nei quali temi ricorrenti come l'amore, la natura, la fratellanza, una lacrima e una gioia, scorci di luoghi visitati o soltanto attraversati, assumono nuova forma in un comunicare poetico e mai ridondante. Occorre leggerla a fondo e dal profondo per arrivare ad apprezzarla come merita, e ciò che si prova - che io ho provato più volte - è il desiderio autentico di scrivere come lei, di averlo scritto io quel sentire così simile al mio, lei che con maestria coglie il bagliore fugace degli istanti e ne fa vita in parola, una vita comune e mai così astratta e inaccessible. Scegliere una delle sue poesie è come scavare in un mare di bellezza dentro cui perdersi innumerevoli volte senza volerne uscire in nessun modo.
    Una delle poetesse più immense del Novecento, in grado di guardare, ascoltare e ascoltarsi perché anche chi legge possa osservarsi per trovare le sue di parole, nuove, diverse, luminose.
    Ciò che si farebbe arrivati all'ultima pagina, a quegli ultimi versi che chiudono una delle sue raccolte più complete, è di leggerla ancora una volta, all'infinito, indefinitamente.

  • sinepudore

    ma che fare dell'acqua,
    mamma,
    se non ho del pane?
    #quote

  • Riccardo Mainetti

    Raccolta completa delle poesie di Antonia Pozzi, comprendente anche 28 poesie inedite. Da leggere per scoprire il talento di una delle nostre poetesse più misconosciute e sfortunate

  • Francesco Iorianni

    Antonia Pozzi hat mit 26 Jahren Selbstmord begangen und uns diese rührende Gedichte hinterlassen. Ihre vom Vater nicht akzeptierte Liebe hat sie in den Tod geführt und diese melancholische Stimmung und unerfüllte Lebensfreude lassen sich auf diesen Gedichtszyklus transponieren.
    Kleiner fun fact: Dieser Zyklus findet auch eine Erwähnung im Film "Call me by your name" (2017) von Luca Guadagnino, als Elio diesen Band Marzia schenkt und ihr eventuell so deutlich machen möchte, dass ihre Beziehung ebenso nicht realisierbar ist, wie die von Antonia Pozzi zu ihrem Liebenden. So entscheidet sich Elio schlussendlich auch nicht für Marzia, sondern für Oliver.
    Mein liebstes Gedicht in dem Band war "I fiori".

  • alessandra falca

    Una delle più grandi poetesse del 900. Morta suicida a 26 anni. Avete mai letto le sue poesie? Non so cosa scrivere riguardo ad Antonia. La sua stessa vita trabocca e le sue poesie come se uscissero dalle sue stesse vene, ti arrivano al cuore.
    [...] e se nessuna porta/ s'apre alla tua fatica,/se ridato/t'è ad ogni passo il peso del tuo volto,/ se è tua/ questa che è più di un dolore/ gioia di continuare sola/ nel limpido deserto dei tuoi monti/ ora accetti/ d'esser poeta.

  • Antonietta D'Oria

    Imperdibile.

  • Irina Bordogna

    4,5⭐

    "Vicenda d'acque"
    "L'orma del vento"
    "Rossori"
    "Limiti"
    "Pudore"
    "I fiori"

  • Maurizio Manco

    "E c’era questo mio vivere
    che ripete ogni giorno
    il gesto di una mano di carne
    calata giù nel profondo
    a chiudere la bocca di Dio."
    (p. 170)

  • Cristina Contilli

    Vale la pena leggere insieme queste poesie e la biografia che ho segnalato nella scheda precedente, ma anche non sapendo molto della vita della Pozzi le sue poesie restano una buona lettura.

    La mia recensione su kathodik (maggio 2004):

    Parole di Antonia Pozzi è un viaggio poetico che attraversa i dieci anni più intensi e difficili della vita, quelli che portano dal liceo alla fine dell’università e alle prime esperienze di lavoro. Nei versi di Antonia Pozzi, che vive nella Milano degli anni ’30 e ne condivide il clima culturale, si sentono gli echi degli scrittori contemporanei, letti ed rielaborati dall’autrice, da Rilke a Pound, da Valéry a Eliot fino a Montale e a Ungaretti.
    Due paesaggi contrapposti si delineano in questi testi: quello di una Milano solitaria e periferica e quello montano di Pasturo, vicino Lecco, dove la Pozzi si ritira per scrivere e per cercare, sia dentro di sé sia nella natura circostante, la forza per riprendere in mano la propria vita. Per l’opposizione della famiglia Antonia Pozzi è costretta, infatti, a rinunciare all’amore per un uomo più grande di lei che appare nei primi versi come una presenza affettuosa e rassicurante, ma che diventa nelle ultime poesie una figura sospesa nella lontananza e nel ricordo.
    Antonia Pozzi chiude la propria esistenza a soli ventisei anni con un suicidio che è probabilmente l’esito di contraddizioni esistenziali irrisolte.
    La prima raccolta delle sue poesie viene pubblicata nel 1939 con tagli che eliminano le dediche all’uomo amato e che sopprimono alcuni versi. La presente edizione critica, curata da Alessandra Cenni e Onorina Dino, ripristina il testo integrale delle poesie e registrando le varianti permette al lettore di entrare a fondo dentro ai versi di A. Pozzi.

  • Alessandro

    "Io penso che il tuo modo di sorridere
    è più dolce del sole
    su questo vaso di fiori
    già un poco
    appassiti –
    penso che forse è buono
    che cadano da me
    tutti gli alberi –
    ch’io sia un piazzale bianco deserto
    alla tua voce – che forse
    disegna i viali
    per il nuovo
    giardino."

  • Jarette Zambrano

    😶