
Title | : | Il dono delle lacrime |
Author | : | |
Rating | : | |
ISBN | : | 8876255265 |
ISBN-10 | : | 9788876255267 |
Language | : | Italian |
Format Type | : | Paperback |
Number of Pages | : | 192 |
Publication | : | First published June 1, 2014 |
Il commissario, affiancato come sempre dal fido Iannotta, avrà un bel daffare per scoprire il mistero celato in questa intricata vicenda, che si svolge sullo sfondo di una Roma cupa, a due facce, in cui la soluzione all’enigma potrebbe nascondersi tra le mura vaticane. E Ponzetti finirà, suo malgrado, per vedere coinvolta la sua famiglia nella soluzione del caso, particolarmente delicato, stavolta, e legato a complicati intrighi davvero più grandi di lui.
Il dono delle lacrime Reviews
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«Stavo pensando al mare».
«Quando la stagione si fa bella, la invito di nuovo a Lavinio, se vuole».
«Lei è un gran signore, come ce ne sono pochi in questo tempo volgare. Ma io parlavo di un altro mare. Del mare colore del vino».
«Sta leggendo l'Odissea?».
«Quando rimane poco tempo, si torna all'essenziale. E in Omero c'è già tutto. Similitudini semplici, che cominciano con un “come" e terminano con un “così". Pepite estratte dalla miniera della vita per la prima volta al mondo. Per questo Omero non ha rivali. La parola l'ha inventata lui. Gli altri, più o meno banalmente, copiano l’originale».
«Adesso non esageriamo, avvocato».
«Non esagero. La parola vera è la parola che resta. Substantia rerum, il suo nucleo di pietra. Altro che nuda nomina, come dice quel barbaro privo d'ingegno che parla a sproposito di nomi e di rose. Per questo occorre diffidare delle traduzioni. La mia professoressa buonanima si affaticava su quest'immagine. E cercava di spiegare che in effetti il mare non è propriamente del colore del vino, ma innanzitutto si tratta di una "licenza poetica", che era un modo spiccio per confutare a priori ogni obiezione. E in secondo luogo, noi poveri studenti avremmo capito davvero solo se avessimo visto, almeno per una volta nella vita, l’Egeo al tramonto dalla rocca di Chio, dove lei era stata in viaggio di nozze. Giurava che era rosso rubino, uno spettacolo indimenticabile. E chiudeva così la vexata quaestio, con una lacrimuccia, perché nel frattempo era rimasta vedova».
[...]
«Allora la interrogo. Che cosa significa orào?». «Vedere». «Bene. Buon inizio. Ora mi dica il futuro di orào». «Questo è facile: òpsomai». «Bravo. Dieci. E il mare in Omero è oìnops. Come vede, nella parola greca ci sono due radici: il vino e l'occhio, non il colore».
«E lei come traduce?» «Non traduco. Diffido. Ma se proprio vuole, mi verrebbe da dire “occhio di vino”». «E che vuol dire?».
«Vuole dire che lei sale su un promontorio, guarda l'immensa distesa del mare e non vede acqua. Perché l'acqua non ha colore. Vede il vino». «Ma allora lo vede che c'entra anche il colore?». «Ma certo che c'entra. Solo che il colore è nell'occhio, nella luce, non è nella acqua del mare. Mi segue?». «No». «Oltretutto, Omero era cieco. Per lui l'importante non era quello che vedeva». «Ma Omero non è mai esistito». «Questo è quello che vogliono farle credere i filologi, freddi burocrati del verso. Sono uomini che non si voltano. E per questo non sanno che cos'è un verso. Lo smontano, lo rimontano, ma sono come i bambini che rompono i giocattoli per vedere che cosa c'è dentro, e poi si stancano e li buttano via. E alla fine concludono che Omero non è esistito. Ma si sbagliano. Sono loro che non sono mai esistiti». «Ma allora, Omero che cosa vedeva?». «Vedeva il fondo, come quando ti immergi in alto mare e guardi giù. Dava nomi alle cose, e così le faceva esistere dentro di sé. Il vino per lui non aveva un colore. Era l'ebbrezza che sentiva in gola. Era il fresco che Sentiva nei capelli, all'aperto, sotto il portico di una casa ben costruita di qualche isola greca, mentre beveva quel vino. Era il sudore che si asciugava sulla sua fronte al vento che veniva dal mare. E il vento che viene dal mare... be', il vento non lo vediamo neppure noi che ci vediamo. E qui siamo proprio come lui. Ma era quer me pe vento che gli portava il mare. E finiva dentro la memoria dei sogni. Perché anche i ciechi sognano. E così il mare dentro di lui si trasformava in un canto senza inizio né fine. Era un canto di vento che veniva dal mare a sfiorarlo. E poi gli entrava dentro, nel fondo, insieme al vino, ed era questo ciò che vedeva. E così il mare è “occhio di vino”. Ha capito?». ❤️ -
Déjà vu
Letto in un periodo in cui non era facile trattenere qualcosa, avevo persino dimenticato di averlo già fatto.
L'ho riletto fra ieri e oggi, e anche questa volta tornare a leggere Ricciardi e di Ponzetti, Iannotta & co., dopo una lunga pausa, ha avuto il sapore di un caldo e avvolgente ritorno a casa.
Ora sono posso guardare avanti, sono pronta per la trasferta in Sicilia. -
"Il futuro non è solo attesa e speranza. È lo specchio perfetto della nostra inconsistenza."
Confermo: con Ricciardi è un po' come tornare a casa.
Lettura sicura, tranquilla... parole che ti prendono a braccetto e ti conducono, compagne fedeli, fino alla fine.
Anche se la verità, questa volta, può essere solo sussurrata, tanto è delicata l'indagine, tanto sono innominabili coloro che l'hanno commissionata ed altri, che per diversi motivi, la seguono.
Ma Ottavio Ponzetti, con la sua calma, ci arriva alla verità, rimettendo insieme le tessere informi di un puzzle perso nel tempo e in vari luoghi.
Come direbbe il caro e sanguigno Mario Iannotta, fedele amico, collega e compagno del commissario:
«Dotto', sciapò. Lei è davvero un grande».
Non avrei saputo dirlo meglio. -
E' il secondo libro che leggo di Ricciardi, come per
Portami a ballareil protagonista è il commissario Ponzetti.
Sia i personaggi principali che quelli marginali sono ben caratterizzati, sembra di vederli muoversi attraverso Roma, le sue luci e le sue ombre. Ponzetti mi ricorda un po' Maigret... colto dai modi all'antica, arriva alla soluzione attraverso l'intuizione, la deduzione. E conversando di filosofia... Mi è piaciuto l'intreccio della vicenda, che si snoda attraverso segreti che portano diritti al Vaticano. -
Mi sembra che la caratterizzazione localistica di quest’ultima generazione di giallisti italiani tocchi con Ricciardi e il suo commissario Ponzetti un punto veramente basso.
Non tanto per la storia e la scrittura (veloce e gradevole a dire il vero), ma per la “pesantezza” dell’ambientazione romana. Arriva davvero a stufare, tra romanesco in bocca ai comprimari (perché ovviamente Ponzetti è sempre pitturato in un italiano perfetto) e la descrizione pacchiana e un po’ stereotipa a dire il vero delle vie e piazze romane. Se poi come in questo giallo facciamo anche entrare il Vaticano con i suoi prelati, il quadro mi sembra completo.
Metterei una stella ma la qualità dello scrittore merita un bonus. -
Sarà che è il quinto romanzo della serie e non conoscevo la trama orizzontale né il modo di investigare di Ponzetti; sarà che le indagini sono condotte in modo molto misterioso perché riguardano un presunto suicidio di un prete (nella cui chiesa era stata ritrovata una statua della Madonna piangente), ma ho avuto problemi seri a seguire il caso e, anche rileggendo molte parti due volte, ho ancora difficoltà a capire cosa è successo
Darò comunque una seconda occasione a Ricciardi, cominciando a leggere a serie dal primo libro. -
Un giallo facile facile, scorrevole. Di quei libri da leggere sotto l'ombrellone e che finisci in un attimo. Ne lode ne infamia. Nessun personaggio che rimanga nella testa o nel cuore una volta chiusa l'ultima pagina.
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Più leggo del commissario Ponzetti e più mi intriga. In questo libro, bisogna risolvere in tutta segretezza (per evitare lo scandalo) l'apparente suicidio di un prete, proprio mentre papa Benedetto si ritira a vita privata. Galloni e l'Odissea gli chiariranno le idee..
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Ricciardi ha saputo dipingere egregiamente una Roma lenta e misteriosa – ed altrettanto affascinante – sullo sfondo, e due uomini che la girano in lungo e in largo, alla ricerca di una verità inconfessabile. Scegliere un momento tanto delicato come quello compreso fra le dimissioni di un papa e l'elezione di un altro è stato, secondo me, un lampo di genio: ambientare una vicenda di suicidio/omicidio di un prete in questo intervallo di tempo dà già in partenza una sferzata alla lettura, in quanto dopo una notizia che lascia già abbastanza basiti e sconvolti, non ci si aspetta certo che possa succedere altro, per di più se di portata così elevata.
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Interessante, seppur prevedibile nella sua risoluzione, il mistero su cui è incentrata la vicenda. Il commissario protagonista è ben scritto; ho apprezzato particolarmente le sue citazioni letterarie. Peccato per la forma, che alterna descrizioni eccessivamente cariche di pathos a capitoli talvolta composti quasi da soli dialoghi.
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http://sullungomaredellibro.blogspot.... -
Buono l'intreccio.
I personaggi sono ben descritti e la storia è ben cadenzata.
Mi piace il lato letterario del commissario Pozzetti. -
L'idea alla base della storia era buona ma lo sviluppo è abbastanza confusionario.