
Title | : | La morte della Pizia |
Author | : | |
Rating | : | |
ISBN | : | 884590296X |
ISBN-10 | : | 9788845902963 |
Language | : | Italian |
Format Type | : | Paperback |
Number of Pages | : | 68 |
Publication | : | First published January 1, 1976 |
La morte della Pizia Reviews
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La verità resiste in quanto tale soltanto se non la si tormenta.
Marò...questo Durrenmatt mi fa impazzire...
In sessantotto paginette che bevi in un'ora manda in pezzi il modo greco, o forse lo smaschera, con la sua corruzione, la brama di potere, la fede cieca negli dei, nel responso della Pizia, negli intrighi di palazzo, e gli scambi di letto, di amanti, di figli,... si sa, non c'era il test del DNA allora, era tutto più semplice.
Alla fine non sai più quanti sono gli Edipo, di chi sono figli, e se davvero chi ora è in quei panni ha detto la verità o l'ha leggermente modificata a sua piacimento.
Ma quello che è una vera chicca è il dialogo finale tra l'indovino Tiresia e l'ultima Pizia, Pannichis XI, l'uno che ha vaticinato con la logica, cercando di modificare gli eventi per ordinare il caos, mentre l'altra ha “sparato” oracoli a casaccio, magari solo per levarsi di torno il solito Edipo che veniva a domandarle di chi fosse figlio come se fosse facile stabilire una cosa del genere nei circoli aristocratici, dove, senza scherzi, donne maritate davano ad intendere ai loro consorti, i quali per altro finivano per crederci, come qualmente Zeus in persona si fosse giaciuto con loro.
Tu Pannichis, vaticinasti con fantasia, capriccio, arroganza, addirittura con insolenza irriguardosa, insomma: con arguzia blasfema. Io invece commissionai i miei oracoli con fredda premeditazione, con logica ineccepibile, insomma: con razionalità. ...Il danno che noi due abbiamo fatto è mostruoso nella stessa misura.
E mi ha fatto morire quando Tiresia si rende conto che, invece di menar intrighi per cambiare l'ordine di cose che poi si sono avverate lo stesso, e vaticinare contando che la peste a Tebe era di casa e avrebbe provveduto a fare la sua opera di morte, il consiglio al re dei tebani avrebbe solo dovuto essere: e “costruitevi una fognatura decente”...
Un genio, questo Durrenmatt, ve l'assicuro
Me lo hanno prestato questo libretto. Ma me lo compro. E' da mettere nello scaffale dei “preferiti” -
Un piccolo capolavoro.
La Pizia di Delfi è una vecchia annoiata che, per campare, emette oracoli inventati su due piedi ad uso e consumo degli ingenui visitatori; il supervisore del santuario, inoltre, le impone di emettere vaticini pure su commissione del vecchio politicante e finto veggente Tiresia.
Un giorno capita al santuario un giovane che le chiede chi siano i suoi genitori: la vecchia risponde, seccata, con una profezia impossibile, completamente improbabile, assurda, brutale. Quel tanto per mandare via in fretta quel giovane imbecille.
Ucciderai tuo padre e sposerai tua madre.
E quella profezia, inventata su due piedi, cambia la storia e la vita di molte persone, prima fra tutte quella del giovane che volle conoscere le sue origini.
Il quale è, ovviamente, Edipo.
Fin qui nulla di nuovo, se non che lo sguardo disincantato e ironicamente tagliente di Durrenmatt risulta molto diverso da quello usato da Sofocle nella sua tragedia. Ovviamente.
Ma il vero motore narrativo, quello che tiene incollati alle pagine non è solo la sapienza della prosa dell'autore (straordinaria) nè il suo cinismo: è il ribaltamento, continuo, della verità in un crescendo teatrale di apparizioni che raccontano alla Pizia e a Tiresia, morenti, come siano andate le cose. Per poi concludere che è impossibile stabilire la definitiva e unica verità.
La Pizia e Tiresia rappresentano due modi diversi di vedere il mondo: la prima, disincantata, agisce passivamente e senza seguire logiche razionali, spinta puramente dalle proprie sensazioni del momento; il secondo, con piglio positivista e materialista, cerca di plasmare, domare la realtà per ottenere ciò che vuole, ossia quel che ritiene essere la soluzione migliore per la collettività.
Entrambi, agendo, ottengono però risultati inaspettati, addirittura controproducenti e indesiderati. Poiché, e questa mi pare la morale di questo gioiellino, è solo il puro caso a governare il mondo e noi, consapevoli o meno, siamo solo semplici attori privi di qualunque controllo su di esso. -
«In realtà, Pannychis, se c'è una cosa che mi preoccupa,» mormorò Tiresia
«è che non esistono storie irrilevanti. Tutto è connesso con tutto.»
Una breve quanto densa rilettura mitologica di uno degli scrittori più pungenti che conosca.
Abile nel condensare le trame che si trasformano in frecce precise.
Siamo a Delfi, la Pizia (sacerdotessa di Apollo) Pannychis XI è stufa di quel che fa:
raccontare frottole alla gente credulona.
Ormai, però, è troppo tardi.
Lei è diventata anziana e tutto si è trasformato in un circolo vizioso: più loro ci credono, più risultano patetici, più lei si accanisce ad inventarne i destini.
Così succede che quando le si presenta un altezzoso principe le viene in mente di fare ” una profezia che più insensata e inverosimile non avrebbe potuto essere, la quale, pensò, non si sarebbe certamente mai avverata, perché nessuno al mondo può ammazzare il proprio padre e andare a letto con la propria madre, .
Il suo nome era Edipo...
Quando la Pizia sente avvicinarsi la morte si riunirà con il veggente Tiresia e la terribile Sfinge.
Ne nasceranno racconti ingarbugliati dove la versione dei fatti si contorce e cambia pelle come un viscido rettile.
Un gran pasticcio questo mondo antico.
E’ questa l’origine della cultura occidentale?
Frodi, tradimenti, incesti, assassini menzogne su menzogne, corruzione e depravazione all’ordine del giorno...
”Dimentica le vecchie storie, Pannychis, non hanno alcuna importanza, in questa grande babilonia siamo noi i veri protagonisti. Noi due ci siamo trovati di fronte alla stessa mostruosa realtà, la quale è impenetrabile non meno dell'essere umano che ne è l'artefice. Forse gli dèi, ammesso che esistano, potrebbero godere dall'alto di una certa visione d'insieme, sia pure superficiale, di questo nodo immane di accadimenti inverosimili che danno luogo, nelle loro intricatissime connessioni, alle coincidenze più scellerate, mentre noi mortali che ci troviamo nel mezzo di un simile tremendo scompiglio brancoliamo disperatamente nel buio. Con i nostri oracoli sia tu sia io abbiamo sperato di portare la timida parvenza di un ordine, il tenue presagio di una qualche legittimità nel truce, lussurioso e spesso sanguinoso flusso di eventi dai quali siamo stati travolti proprio perché ci sforzavamo di arginarli, sia pure soltanto un poco.” -
Giunta al termine della propria esistenza terrena, vecchia e stanca della vita, Pannychis XI, ultima Pizia di Apollo, ultima sacerdotessa dell'oracolo di Delfi, riceve la visita di un mendicante senza occhi: ella non si ricorda di Edipo, al quale aveva predetto un terribile avvenire. Non si ricordava, Pannychis, del responso, perché la Pizia è ben consapevole che i suoi vaticini, le sue profezie, sono delle scemenze belle e buone, benché esposte poeticamente, e ancora maggiore è la scemenza degli uomini, che ripongono la loro fiducia in tali assurdità.
Dopo aver cercato nei ricordi, alla Pizia torna alla mente l'oracolo fatto in passato ad Edipo. A quei tempi, il futuro re era un ragazzo, e con lui Pannychis si era sbizzarrita, l'aveva volutamente sparata grossa, forse per provocarlo, forse per spingerlo a non riporre ulteriore fiducia in queste pratiche irrazionali: “la Pizia gli fece una profezia che più insensata e inverosimile non avrebbe potuto essere, la quale, pensò, non si sarebbe certamente mai avverata, perché nessuno al mondo può ammazzare il proprio padre e andare a letto con la propria madre”. Quale credulone avrebbe preso sul serio tali parole?
Eppure, il destino è ineluttabile, la profezia si è avverata, anche se, come scoprirà la Pizia quando si unirà all'astuto indovino Tiresia e all'enigmatica Sfinge, non nel modo più semplice e naturale possibile. Nel vedere dispiegarsi quel garbuglio di eventi tutti connessi, che si dispongono come le tessere di un domino, la Pizia capirà negli ultimi istanti di vita che la verità non è assoluta, ma relativa, non è una e immutabile, ma molteplice e mutevole, e che essa “resiste in quanto tale soltanto se non la si tormenta”.
Nel riscrivere il mito di Edipo con lo spirito di un uomo del Novecento, Durrenmatt utilizza un linguaggio irriverente, grottesco e a tratti cupo, ma il suo intento non è semplicemente burlarsi della spontanea saggezza greca: il mito viene qui utilizzato come espediente per mostrare l'esistenza umana come esperienza pervasa dalla mancanza di certezze, dalla menzogna e dall'ambiguità, dall'enigma, dal caso e dal caos, dal conflitto tra razionale ed irrazionale (le considerazioni di Tiresia nel paragonare il suo modo di agire a quello della Pizia è emblematico) e dalle innumerevoli bassezze di cui ci si può macchiare.
Questo racconto denso, ombroso e tagliente, pur parlando degli antichi con il loro stesso poetico linguaggio, è terribilmente moderno anche per le considerazioni che vi sono sull'idiozia degli uomini, sul loro bisogno di credere ciecamente e, anziché esserne gli artefici, di affidare il proprio destino ad altri, siano essi déi, oracoli, indovini o tiranni. Nella penna di questo scrittore geniale sono ben presenti gli esperimenti totalitari del Novecento, e in questo racconto l'autore non risparmia feroci critiche. E pare che Durrenmatt abbia visto nel futuro quando, guardando al passato, mette in bocca ad una stizzita Pannychis l'amara constatazione sull'ennesima, inutile richiesta del popolo tebano, tormentato dalla pestilenza: “Invece di costruire una fognatura come si deve, tanto per cambiare ti chiedono un oracolo”. Anche oggi, dovremmo meditare su questo imperdibile racconto senza tempo, che con le sue magnifiche intuizioni e splendide speculazioni sa indagare come pochi altri l'animo umano. -
Perché abbiamo smesso di adorare le divinità greco-romane? Erano più simpatiche e approcciabili di quelle attuali, e anche il loro staff sapeva come coinvolgere il pubblico.
68 pagine divertenti di apollineo e dionisiaco -
I LIMITI DELLA VERITÀ
La materia mitologica si fa plasmare docile e mansueta dalle mani di un genio quale lo svizzero Dürrenmatt ne “La morte della Pizia”, in scena è il mito di Edipo, generato per assurdo dalla noia di una stizzita sacerdotessa di Delfi, Pannychis XI, che in un momento di incuria totale butta lì una profezia insensata oltre che inverosimile: Edipo ucciderà il padre e giacerà con la madre generando una progenie infelice. È vecchia la Pizia, si trascina stanca e disgustata: la società si nutre di “insulse leggende”, gli oracoli sono al servizio del potere e si fanno pagare profumatamente. Quando Edipo, da pallido giovanotto quale era, torna al suo cospetto ormai cieco e ramingo lei non lo ricorda, al sapere dell’avverarsi della profezia scoppia a ridere anche se si insinua in lei il sospetto che “non tutto ciò che era accaduto poteva essere considerato frutto del caso”… Intanto, davanti agli occhi chiusi della Pizia, tornano ad uno ad uno i personaggi che ruotano intorno a questo mito ed ognuno racconta la sua verità: Laio coi suoi dubbi di paternità, Edipo che conosce il nome dei suoi veri genitori, Giocasta che rivela chi è infine il vero padre di Edipo, Tiresia che spiega senza tanti pretesti la sua sete di denaro alimentata da puri bisogni materiali, non ha dubbi poi che “l’insensata fede negli dèi debba essere sfruttata in maniera ragionevole”. E proprio a Tiresia viene affidato il ruolo di rivelatore delle verità che lo svizzero veicola con questa trasposizione mitologica; parla chiaro infatti l’indovino: la gente si nutre di mezze verità le quali poi sono sempre approssimative. “Maledetta imprecisione!”Pensare che da essa può generarsi perfino uno stato totalitario. Una fognatura avrebbe risolto il problema delle pestilenze che si tenta di risolvere a suon di oracoli. Giunge infine la Sfinge che a lungo ha indagato sul perché gli uomini si lascino opprimere, giungendo alla conclusione che a molti piace il quieto vivere. Tiresia dopo alcuni scambi sigla il discorso con lei e con la Pizia affermando l’impossibilità di giungere ad una verità univoca, concetto che sta poi alla base della teoria dell’autore sui limiti della giustizia. Gradevole e imperdibile. -
Tutto ciò che accade, tu lo scrivi.
Tutto ciò che io scrivo accade.(
La storia infinita)
Edipo era colpevole o innocente? Poteva ribellarsi alla profezia oppure, qualunque cosa facesse, avrebbe comunque ucciso il padre e sposato la madre?
Edipo cieco (J Cap bianco).
Davanti alla Pizia e a Tiresia depongono i vari testimoni (Edipo, Giocasta, la Sfinge, lo stesso Tiresia) ricostruendo una vicenda in cui gli uomini hanno scarso controllo delle loro vite poiché le azioni (anche quelle fondate sulle migliori intenzioni) si intrecciano con le vite degli altri e l’effetto spesso è molto lontano dall’obiettivo prefissato.
Friedrich Dürrenmatt tratta il mito di Edipo come un enigma poliziesco ma, come già nelle altre sue opere, si tratta di un pretesto per riflettere sulla responsabilità individuale e su un senso di giustizia che a volte non coincide con le leggi codificate.
Edipo e la sfinge.
[...] Sofocle sarà dimenticato, Edipo invece continuerà a vivere, resterà un tema che pone a noi enigmatici quesiti.
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Un racconto satirico, in cui la Pizia,al secolo PANNICHYS XI, terrore degli uomini con le sue parole, si scopre nelle sue fragilità. E’ vecchia decrepita, soffre le correnti d’aria, vuole andare in pensione e ha i reumatismi. E cosa ancora peggiore i suoi vaticini sono frutto del caso, non ha mai visto nulla. Solo nel momento della morte la verità, a lei che ha detto un cumulo di bugie a tutti coloro che la interrogavano, viene a galla. Ma ne esiste una sola? Ognuno ha la sua verità. Ogni essere che incontra sul ciglio della morte ha la sua verità assoluta da consegnarle. Durrenmatt smonta un mito greco e lo fa con maestria e ironia lasciando che la coscienza parli.
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Il secondo Edipo, il terzo Edipo, il quarto Edipo...
Giuro che mai avrei immaginato di potermi divertire tanto a leggere questa rivisitazione - a volte anacronistica - del mito di Edipo di Durrenmatt. La Pizia ormai morente, Pannychis XI, proprio colei che ha pronunciato il vaticinio terribile per Edipo - che avrebbe assassinato suo padre e sposato la sua stessa madre - ricostruisce assieme alle ombre di coloro che sono stati toccati dalla sua stessa profezia e a Tiresia, l'oracolo cieco - che ha pure lui le mani in pasta nella questione - gli accadimenti di Tebe, di cui in realtà non è che le interessi più di tanto. La donna, ormai vecchia e stanca, aveva profetizzato a Edipo, per puro sfinimento, qualcosa che le era sembrata tanto assurda da non potersi mai avverare...
Ma se nel mondo degli uomini mater semper certa est pater incertus; nella mitologia neanche la madre è certa, e l'ambiguità imperversa. E così, Pannichis e Tiresia scoprono che potrebbe esserci un secondo Edipo, o anche un terzo, o un quarto... -
“La Pizia profetava a casaccio, vaticinava alla cieca, e poiché altrettanto ciecamente veniva creduta, nessuno ci faceva caso se le sue profezie non si avveranano quasi mai...”
La Pizia Pannychis XI è una vecchia sacerdotessa del tempio di Delfi. Zoppa, lunga e secca, piegata dagli anni, freddolosa e insofferente verso i creduloni in cerca di vaticini. Si prende gioco degli avventori e dispensa, dal suo tripode, le più bizzarre previsioni. Alla soglia della morte una serie di spiriti le appaiono. Sono tutti legati ad una delle sue assurde previsioni: un tizio che ammazza il padre e giace con la madre. A partire da Edipo ogni spirito racconta la propria versione della storia in una surreale catena di eventi che si scontrano con la razionalità della Pizia. In fine restano molti dubbi e contraddizioni.
È un libricino (un racconto più che un romanzo) geniale nella sua dissacrante ironia. È la parodia di uno dei miti più importanti attraverso cui l’autore mette in ridicolo l’uomo, desideroso di sapere il proprio destino affidandosi a ciarlatani. Il risvolto della medaglia è la pochezza di chi sfrutta tale debolezza per soldi (come la Pizia stessa) o per scopi ancora peggiori (come nel caso dell’odiato Tiresia).
Bello. Ho trascorso alcune ore deliziose e continua a rimanermi in testa. -
“Come io che ho voluto sottomettere il mondo alla mia ragione ho dovuto in quest'umida spelonca affrontare te che hai provato a dominare il mondo con la tua fantasia, così per tutta l'eternità quelli che reputano il mondo un sistema ordinato dovranno confrontarsi con coloro che lo ritengono un mostruoso caos. Gli uni penseranno che il mondo è criticabile, gli altri lo prenderanno così com'è”
L'eterna lotta dell'irrazionale e della ragione, del caso e dell'ordine, dell'enigma e quello che enigma non è. Cosa vincerà mai? Nessuno scrive come Dürrenmatt.
Bellissimo alla prima lettura, ancora più bello alla seconda. -
« In realtà, Pannychis, se c'è una cosa che mi preoccupa, » mormorò Tiresia « è che non esistono storie irrilevanti. Tutto è connesso con tutto. Dovunque si cambi qualcosa, il cambiamento riguarda il tutto. Perché, Pannychis, » seguitò Tiresia scuotendo il capo « perché con il tuo oracolo hai inventato la verità! »
La linea tra razionalità e fantasia in questo racconto si fa sempre più invisibile.
Dürrenmatt mi riconferma la genialità che avevo trovato in
La promessa anche in questo libricino, dove in poche pagine regala un nuovo volto al classico mito greco di Edipo.
Le riflessioni sottili e ironiche sull’antica Grecia tra la Pizia Pannychis XI e l’indovino Tiresia diventano contemporanee, per poi lasciarci infine a domandarci cosa sia realmente la verità. -
Interessante il racconto di questa Pizia irriverente e blasfema verso gli dei di cui si fa portavoce ma a cui non crede.
Mentre si ripercorre la storia di Edipo, Giocasta, Laio e la sfinge, verità e predizioni si uniscono alle bugie, gli inganni e le mezze verità creando un mosaico sempre più intricato.
Una buona riflessione sull'impossibilità di conoscere la verità fino in fondo. -
Istruzioni per l'uso:
1. Laddove compaia un nome di un personaggio della nota tragedia greca, lo si sostituisca con il nome di un qualsivoglia politico italiano odierno (ma azzarderei anche dell'ultimo trentennio).
2. Laddove nel testo compaia un indovino si immagini invece la stampa.
3. Rileggere La morte della Pizia e, nell'ordine, strabiliarsi, indignarsi, immalinconirsi.
Durrenmatt nel 1976, con maestria sorprendente, rilegge in una delle possibili chiavi moderne, l'eterna e sempreverde Tragedia. -
Il caso o la ragione
Le Pizie nella mitologia greca erano delle sacerdotesse che facevano profezie nel santuario di Delfi. I riti descritti da Durrenmatt in questo brevissimo romanzo non hanno però nulla di sacro e solenne. La Pizia Pannychis XI è isterica, vecchia, svampita e recita a casaccio gli oracoli, il santuario di Delfi è sporco, umido e degradato e Tiresia, il più famoso dei veggenti, è descritto come un corrotto maneggione e politicante.
Il racconto si apre con Pannychis XI che predice ad Edipo che ucciderà suo padre e sposerà la madre Giocasta (casta moooolto poco, in verità).
La Pizia, vicina ormai alla morte, viene visitata dalle ombre dei vari personaggi della storia che le raccontano la propria versione dei fatti, producendo un racconto che cambia continuamente direzione. Con sorpresa, comprende alla fine che l’unica verità è proprio quella che si è inventata di sana pianta, ossia quella più improbabile e irrazionale, frutto di una menzogna.
Il bisogno regola il caso e guida il corso degli eventi? O è il caso che regola la necessità?
"Non esistono storie irrilevanti. Tutto è connesso con tutto. Dovunque si cambi qualcosa, il cambiamento riguarda tutto. Con il tuo oracolo hai inventato la verità."
La storia di Edipo mostra come la vita dell’uomo sia stata condizionata dalle profezie di oracoli spesso prezzolati da consiglieri in malafede. Il complicato intrico mitologico di Dei e mortali, completamente smitizzato e ironizzato, ci appare popolato di personaggi immorali. Un esempio tra tutti è:
"quel beone di Prometeo che preferisce attribuire la sua cirrosi epatica alle aquile di Zeus piuttosto che all’alcool"
Alla fine tutto ruota sulla domanda "chi è Edipo"? Durrenmatt ci risponde che non ha importanza: tutti hanno una propria verità a cui aggrapparsi. Ma è una verità personale, un punto di vista. Non esiste una verità assoluta, ma solo una realtà personale che rimane "vera" finché non è messa in discussione da altri.
Un racconto ironico, dissacrante e divertente, anche se amaro, che fa sorgere illusioni e speranze e le abbatte nello stesso tempo. -
Dopo poche righe mi sono ritrovata catapultata indietro nel tempo, seduta nella cavea di un teatro dell'antica Grecia. Davanti a me, sul palco, attori che con maestria ironizzano sul senso della vita. E su quante verità esistano, tante quante sono le persone che calpestano il suolo di questa nostra temporanea dimora. Ho amato lo spaccato di vita nella storia della Pizia, apprezzando la profondità caratteriale dei personaggi che Friedrich Dürrenmatt riesce a conferire solo in così poche pagine.
Una scrittura fluida, intensa, ricca.
Leggerò sicuramente altro di questo drammaturgo e pittore svizzero, morto proprio il giorno del mio diciassettesimo compleanno. -
“La morte della Pizia” è una rivisitazione, o forse è meglio definirla una rilettura, della tragedia greca di Edipo. Se pensate di ritrovare la solita drammaticità e eroicità proprie della letteratura greca, rimarrete delusi. Dürrenmatt, con intelligente ironia e un'intensa scrittura, che donano alla narrazione una particolare bellezza, rielabora i miti per smitizzarli e mette in ridicolo quei personaggi che nell'antica Grecia erano considerati tanto illustri e degni di rispetto. La stessa Pizia è descritta come un'imbrogliona che inventa gli oracoli in base al suo umore e che “con il suo oracolare vuole burlarsi di coloro che credevano in lei”. Trattamento simile è riservato al veggente Tiresia, che altro non è se non “il più grande politicante e intrigante della Grecia […] corrotto fino all'osso”.
In questo racconto l'autore fa parlare i protagonisti della vicenda sofoclea ed ognuno di loro racconta la propria verità, andando a costruire un quadro d'insieme contorto e complicato, costellato di intrighi, incesti e omicidi, impregnato di corruzione, violenza e arroganza. Il racconto è quindi un susseguirsi di versioni differenti di una stessa storia, dove ogni volta si aggiungono o si modificano i particolari, che portano il lettore a chiedersi quale sia dunque la verità effettiva. Ed è lo stesso Tiresia, nel monologo conclusivo, a rispondere a ognuno di noi, dicendo che “la verità esiste solo nei limiti in cui la lasciamo in pace”. L'inafferabilità della verità è quindi uno degli spunti lasciati da questo breve ma intensissimo racconto, assieme alla lotta costante fra fantasia e ragione (potremmo quasi dire forse fra dionisiaco e apollineo), che sono personificate rispettivamente dalla Pizia, che “ha tentato di soggiogare il mondo con la fantasia” dei suoi oracoli e da Tiresia, che invece “intendeva sottomettere il mondo alla ragione”, e all'impossibilità di fuga dal destino, crudele, cieco e casuale, che domina la vita degli esseri umani.
“Noi mortali capitati in mezzo a questo irrisolvibile groviglio, vi brancoliamo senza saperci orientare.” -
«Dimentica le vecchie storie, Pannychis, non hanno alcuna importanza, in questa grande babilonia siamo noi i veri protagonisti. Noi due ci siamo trovati di fronte alla stessa mostruosa realtà, la quale è impenetrabile non meno dell'essere umano che è l'artefice. Forse gli dèi, ammesso che esistano, potrebbero godere dall'alto di una certa visione d'insieme, sia pure superficiale, di questo nodo immane di accadimenti inverosimili che danno luogo, nelle loro intricatissime connessioni, alle coincidenze più scellerate, mentre noi mortali che ci troviamo nel mezzo di un simile tremendo scompiglio brancoliamo disperatamente nel buio.»
Una prosa attiva e accattivante, un argomento particolare che scatena riflessioni sul mondo di oggi e di ieri (vedi i discorsi della tirannia e del totalitarismo). Un continuo cambio di prospettiva che fa mutare ciclicamente le nostre nozioni sul mito di Edipo. Ma sarà tutto vero? Oppure ognuno ha la sua verità? Esiste una verità assoluta? E, se esiste, gli uomini sarebbero felici a saperla? O preferirebbero chiudersi nelle proprie convinzioni, lasciare che altri decidano per loro? Altri, magari, che agiscono a caso, senza un motivo?
E, noi, cosa possiamo prendere da questo libricino, se non tante domande e pensieri sull’essere uomo, sul problema dell’esistenza umana derivante - forse - da una fonte aliena (leggi: dei), sulla vita politica dell’uomo, che si soggetta alle leggi che poi lui stesso infrange?
Ecco, questo di Dürrenmatt è un piccolo sassolino in una scarpa, che tormenta la mente umana e fa riflettere coloro che hanno una propria verità e credono che solo essa sia giusta. Ed invece il mondo è pieno di verità, tante verità, alcune nate per caso, altre per necessità, e non tutte possono essere conosciute. Un sassolino che mina anche la razionalità umana, in fondo: possiamo conoscere l’intero universo, il suo passato, i miti della storia, la nostra storia, interamente? -
" Come io che ho voluto sottomettere il mondo alla mia ragione ho dovuto in quest'umida spelonca affrontare te che hai provato a dominare il mondo con la tua fantasia, così per tutta l'eternità quelli che reputano il mondo un sistema ordinato dovranno confrontarsi con coloro che lo ritengono un mostruoso caos. [...] Gli uni ingiurieranno gli altri chiamandoli pessimisti, e a loro volta saranno da quelli irrisi come utopisti."
Un racconto pieno di satira e critica pungente. Il mito liberamente rivisitato e una lettura godibilissima. La strategia contro la banalità del caso. La storia e le sue mutevoli facce. Una chicca davvero sulla quale riflettere. -
“La Pizia profetava a casaccio, vaticinava alla cieca, e poiché altrettanto ciecamente veniva creduta, nessuno ci faceva caso se le sue profezie non si avveravano quasi mai, o solo qualche rara volta"
Geniale rielaborazione di un mito classico.
La profetessa di Apollo diventa un’imbrogliona che improvvisa gli oracoli a casaccio, secondo l’umore del momento, un po’ come le cartomanti di oggi. Così, quando si trova davanti il giovane Edipo, che vuole sapere la verità sui suoi genitori, gli fa l'oracolo che ben conosciamo, sparando le cose più assurde, un po’ per burla e un po’ per togliersi di torno la curiosità senza limite degli esseri umani. Le spara così grosse che quando Edipo ormai vecchio e cieco torna al santuario e rivela alla Pizia che la sua profezia si è avverata, lei scoppia a ridere, incredula.
Con ironia e arguzia Dürrenmatt riscrive in modo non convenzionale il mito raccontato da Sofocle.
Il punto di svolta del racconto è la riflessione della Pizia sugli uomini, sulla loro natura e sulla giustizia. È stanca e vecchia, ormai prossima alla morte e desidera farlo con dignità. Appollaiata sul suo tripode, le si presentano delle ombre, come persone coinvolte nella storia di Edipo: Giocasta, Tiresia, la Sfinge. Una domanda porta a un’altra domanda, senza mai giungere ad una soluzione, così abbiamo verità differenti e in continuo contrasto tra loro. Edipo stesso è una figura incerta e cambia identità con ogni nuova rivelazione.
Il dialogo tra l’assennato Tiresia e la dissennata Pizia, anziché sciogliere enigmi, ne intreccia altri.
I continui colpi di scena fanno crollare ogni certezza nel lettore, che con il susseguirsi degli enigmi e delle versioni vedrà scomparire a poco a poco la verità.
Brevissima e interessante lettura che consacra Dürrenmatt tra i miei preferiti. -
Il brevissimo romanzo di Friedrich Dürrenmatt, La morte della Pizia, si legge in un fiato strappando più di un sorriso nella sua dissacrazione del mito di Edipo e di… tant’altro.
Stizzita per la scemenza dei suoi stessi oracoli e per l’ingenua credulità dei Greci, la sacerdotessa di Delfi Pannychis XI, lunga e secca come quasi tutte le Pizie che l’avevano preceduta, ascoltò le domande del giovane Edipo, un altro che voleva sapere se i suoi genitori erano davvero i suoi genitori, come se fosse facile stabilire una cosa del genere nei circoli aristocratici, dove, senza scherzi, donne maritate davano a intendere ai loro consorti, i quali peraltro finivano per crederci, come qualmente Zeus in persona si fosse giaciuto con loro.
Gli oracoli, i veggenti, in questo caso quelli dell’antica Grecia, non sono altro che truffatori o poco più, a loro volta gabbati dal Caso e condizionati dai desideri di chi li manovra a cui cercano di dire, il più delle volte, quello che vorrebbero sentirsi dire e le altre volte… solo invenzioni!
Forse gli dèi, ammesso che esistano, potrebbero godere dall’alto di una certa visione d’insieme, sia pure superficiale, di questo nodo immane di accadimenti inverosimili che danno luogo, nelle loro intricatissime connessioni, alle coincidenze più scellerate, mentre noi mortali che ci troviamo nel mezzo di un simile tremendo scompiglio brancoliamo disperatamente nel buio.
Seguire la narrazione ci lascia piacevolmente confusi e sconcertati dalle tante verità che si scoprono di volta in volta, come ironiche matrioske, fino a capire che la verità esiste solo nella misura in cui non ci si sforzi di… conoscerla. -
"Perché mai, Pannychis, la gente dice sempre verità approssimative, come se la verità non risiedesse soprattutto nei singoli dettagli? Forse perché gli uomini stessi sono soltanto qualcosa di approssimativo."
Racconto breve che da anni mi intriga per la compresenza di diverse tematiche di cui e su cui mi piace leggere (la morte, la mitologia, la preveggenza), "La morte della Pizia" è stato anche il mio primissimo approccio alla produzione di Dürrenmatt.
Mi ci sono infilato senza la mia usuale ricerca biografica, ritrovandomi tra le mani un racconto breve, sagace e dal pesante impianto teatrale. Ho poi scoperto che ciò ha caratterizzato tutta l'opera dell'autore, più noto per il suo impegno nella drammaturgia.
Rilassante e divertente, ma soprattutto scritto con maestria - e venendo da un paio di letture nell'ambito della narrativa di genere, ne avevo bisogno. Surreale e assurdo, in scena vanno gli ultimi momenti di vita della Pizia, quando, sfinita e un po' disgustata dalla sua vita e dal suo lavoro, si ritrova per le mani un mistero che deve essere risolto prima di spirare: è quello di Edipo, e della sua fine miserabile.
Riflessione sul caso e sul destino e sul rapportarsi ad esso da parte degli uomini, ha frasi pungenti che vanno dritte al bersaglio.
"Pannychis, solo la non conoscenza del futuro ci rende sopportabile il presente." -
La Pizia profetava a casaccio, vaticinava alla cieca, e poiché altrettanto ciecamente veniva creduta, nessuno ci faceva caso se le sue profezie non si avveravano quasi mai, o solo qualche rara volta, proprio quando le cose non potevano che finire in quel certo modo: a Eracle, per esempio, l'eroe dalla forza leonina che non aveva nemici dal momento che nessuno era in grado di stargli alla pari, non restava altra via di uscita che darsi la morte col fuoco, solo perché la Pizia gli aveva insufflato che dopo morto sarebbe diventato immortale.
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M E R A V I G L I O S O
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I miti greci come non li avete mai letti. XD
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sì sì sì sì sì SÌ SÌ per me è sì
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Divertentissimo racconto che riempie gli spazi tra le righe del mito senza spogliarlo delle riflessioni sulla natura e le inclinazioni umane. Se non lo hai ancora letto non sai cosa ti perdi.
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In questo racconto Durrenmatt fa una rivisitazione del mito di Edipo in chiave moderna e sociologica. Ad essere attualizzata non è tanto la vicenda quanto la psicologia dei personaggi, che escono dalla dimensione mitica ed agiscono e reagiscono spinti da motivazioni prosaiche e molto umane. La Pizia con i suoi vaticini casuali e Tiresia con i suoi responsi ugualmente finti, ma dati per calcolo, sono le due forze motrici degli eventi: stanno a dimostrare che non esiste predestinazione, ma che la realtà è plasmata in parte dal caos e in parte dalle scelte compiute dagli uomini. Nonostante sia denso di riflessioni su temi importanti non è un libro pesante, perchè è pervaso da un'ironia tenue e garbata che mi ha fatto sorridere oltre che pensare; anche lo stile curato ma scorrevole contribuisce a donare leggerezza al testo.
Un piccolo gioiellino, sia per l'originalità della trama che per il modo in cui viene raccontata. -
Romanzo breve di quelli che non ti aspetti. Con tono lieve, satirico e anche un po' irriverente Durrenmatt ripercorre il mito di Edipo in un racconto fatto da una serie di scatole cinesi incastrate l'una nell'altra alla ricerca di una verità che forse è quella e forse no.
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Interessante rivisitazione del mito di Edipo. Dietro la verità si celano sempre interessi politici, economici e altri interessi materiali, oltre all'invidia e alla gelosia. Ma poi, la verità è davvero una?