
Title | : | La canzone del sangue |
Author | : | |
Rating | : | |
ISBN | : | - |
Language | : | Italian |
Format Type | : | Kindle Edition |
Number of Pages | : | 126 |
Publication | : | First published July 9, 2015 |
La canzone del sangue Reviews
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Studio le cose che mi interessano e canto canzoni, perché le canzoni raccontano tutto questo e costruiscono una dimora inconsistente, un disegno e una casa che si dissolve nello stesso istante in cui il suono esce con la voce o dallo strumento che l'accompagna. Durano un istante, qualche minuto se le consideri nel loro insieme, ma in ogni caso è un istante. E poi sono già perdute e intorno si fa silenzio. E per questo sono la cosa più prossima all’eterno, all’infinito.
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"Siamo tutti commissari di carta... [...] Neanch'io sento di avere una gran consistenza."
Siamo in Sicilia, Ottavio Ponzetti è in vacanza, ma gli viene richiesto un favore, che assolve, anche se tra un rimbrotto e l'altro dei famigliari. Il riferimento - più o meno continuo - al collega commissario "locale" è quasi un atto dovuto.
"Vitti na crozza" è in parte la colonna sonora di questa sesta indagine, a cui si agganciano le diatribe per la paternità del testo, dei diritti d'autore e le tante storie che si raccontano in paese.
Ma la verità che vi si cela dietro è un'altra: una storia di assoggettamento, di padre padrone; e la storia di una donna, bella, non certo irreprensibile, che a questo stato di cose altra soluzione non trova se non la fuga verso una libertà sognata e resa necessaria da alcuni tragici eventi.
Storia intrigante, di "vedi e non vedi"; l'ambientazione ispira, quasi detta le regole e la vuole così... ma mi è mancata tanto, ma proprio tanto la mia Roma. Quella Roma che ad agosto si svuota... Vuota ancora di più senza Ottavio Ponzetti.
Nostalgia a parte, rimane la gran bella scrittura di Ricciardi, quasi lirica in alcuni tratti.
Quasi 4⭐️ -
Che cosa sarebbero le storie di Montalbano (il nome non è casuale) senza Vigata?
Ecco, Ponzetti senza Roma non è Ponzetti.
Quello che ho sempre apprezzato nei romanzi di Giovanni Ricciardi è la natura "minima" dei casi da risolvere: niente intrecci complicati, nessuna indagine altisonante, solo l'umanità con le sue debolezze e Roma con la "romanità" dei suoi luoghi e delle sue storie. Senza questa, il tutto si risolve in un piatto insipido: commestibile ma che non da gusto nel mangiarlo. -
Ecco il filo conduttore del romanzo: “Vitti na crozza supra lu cannuni / fui curiuso e ci vossi spiare / idda m'arrispunniu cu gran duluri / murivi senza un tocco di campani”. Il nostro col suo fidato Iannotta, che come al solito parla romanesco (edulcorato), è in ferie. Il Questore lo chiama e gli affida un’indagine o meglio un informativa informale. Siamo in Sicilia e aleggia la presenza di un altro commissario di carta. Non dico altro per svelare troppo. Il migliore è sempre l’ultimo.
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Carino, ma davvero troppo "montalbaniano": ambientazione sicula, personaggi di carta, un po' di "tiatro" alla Camilleri. Sembra quasi un omaggio visti i tanti echi e richiami al collega.
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Molto ben scritto ed esilaranti le parti in dialetto romano. Peccato per
1) la conclusione solo ipotizzata
2) per il fatto che la questione legata alla canzone, in realtà, non c'entrasse nulla con il delitto
3) per l'immagine di Annamaria, che non esce proprio a testa alta dall'intera vicenda.
Spero che gli altri romanzi della serie mi soddisfino di più -
Una lettura che si dimentica facilmente