
Title | : | Lettere luterane: il progresso come falso progresso |
Author | : | |
Rating | : | |
ISBN | : | 8806180096 |
ISBN-10 | : | 9788806180096 |
Language | : | Italian |
Format Type | : | Paperback |
Number of Pages | : | 208 |
Publication | : | First published January 1, 1976 |
Lettere luterane: il progresso come falso progresso Reviews
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Difficile affrontare gli scritti di quest'autore senza risentire del fascino della sua personalità. Se vi si riesce, è possibile cogliere, tra le righe delle sue opere, tra i fotogrammi dei suoi film, l'inesausta lotta condotta da un intellettuale contro le catene del pregiudizio e del conformismo, il grido degli esclusi che non si sono mai arresi ai loro persecutori. Critica, ma anche proposta in un insieme di lettere che spaziano tra le piaghe di un secolo ferito e perduto.
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"...In this sense, I am like a black in a racist society which wants to gratify itself with a tolerant spirit. In other words, I am a "tolerated."
You have to know that tolerance is always and purely nominal. I don't know one example of true tolerance because a "real tolerance" would be a contradiction in terms. "Tolerating" someone is the exact same thing of "condemning" someone. Indeed, tolerance is a more refined kind of condemn.
As a matter of fact society tells to the "tolerated" - let's consider the black that we took as an example - that he can do everything he wants, that he has the right to be himself, that coming from a minority does not equal to be inferior, etc., etc.
But his "diversity" - or to explain it better his "fault of being different" - remains identical both to the ones who decided to tolerate it and to the ones who decided to condemn it. No majority will ever be able to abolish the feeling of "diversity" of the minorities. It will always be, eternally, fatally present. Therefore the black will be able to be black, so he will be able to live freely his diversity, even outside - of course - the material ghetto, which was assigned to him during the repression times.
However, the mental image of the ghetto will survive invincible. The black will be free; he will be able to live nominally freely his diversity etc. etc. But he will always be in a mental ghetto from which he can't escape, and if he does he will be attacked.
He will be able to escape from this mental ghetto only if he will adopt the majority mentality and point of view.
None of his feelings, none of his gestures, none of his words can result from the particular experience that is undergone by the ones who are ideally enclosed in the limits assigned to a minority (the mental ghetto).
He has to disown himself and pretend that his experience is a normal one, therefore a majority one." -
Il consumismo può creare dei «rapporti sociali» immodificabili sia creando, nel caso peggiore, al posto del vecchio clerico-fascismo un nuovo tecno-fascismo ( che potrebbe comunque realizzarsi solo a patto di chiamarsi anti-fascismo); sia, com’è ormai più probabile, creando come contesto alla propria ideologia edonistica, un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili.
In ambedue i casi lo spazio per una reale alterità rivoluzionaria verrebbe ristretto all’utopia o al ricordo.
Sull’esame di realtà di quest’uomo, - mistiche e mistici a parte - non c’è gara.
Con buona pace di indignati a cottimo o a cliché, sovrintendenti del nulla, bombarole mancate, illustrissimi in gita accademica. Presenti, passate e anticipati.
Pasolini è reale perché è soltanto reale: sa la realtà, la firma, la annuncia, la sconta, la sbaglia. Non può separarsene nemmeno a fin di bene. A costo di fare una brutta fine. Non c’è bene finale dove non c'è tensione iniziale, non c’è nella trascrizione comoda di ciò che non è mai raggiunto, approvato, ma sempre e solo imparato o attinto da aspersioni di massa. (Anche dove e quando la massa non esiste quasi più come concetto. Sempre che sia mai esistita come fatto). -
Questo saggio raccoglie gli articoli scritti da Pasolini sul Corriere della Sera nel suo ultimo anno di vita (1975). In essi l'artista pensa di aver visto prima degli altri il mutamento antropologico della società italiana. Il demonio è il consumismo, la cui regola principale è abbattere tutte le regole. Può trasformare così in uno strumento di guadagno anche la nostalgia per una cultura proletaria intatta, che non chiede di adeguarsi ad un modello borghese di vita.
I giovani, secondo lui, sono irrimediabilmente condannati ad una volontà d'inseguire uno stile di vita falso e triste. Si vergognano di fare l'operaio, i giovani, mentre ammirano il loro coetaneo che va nei migliori ristoranti, gira con un auto dalla cilindrata stratosferica, fanno dello scherno e del disprezzo quali strumenti di oppressione nei confronti di una vita umile e dagli scarsi guadagni.
Non c'è più una differenza di classe, ma quella che ha vinto, la borghese, ha inciso profondamente gli animi di quella proletaria. Quest'ultima quindi non viene più presa sul serio, ma solo osteggiata e criminalizzata a prescindere!
Un testo che fa riflettere, pensare a come eravamo, senza più possiblità di tornare indietro. L'annientamento dell'uomo nella sua cultura originale. Un libro che va fatto leggere in tutte le scuole! Ha molto da insegnare... -
‘Lettere Luterane’ è una raccolta di articoli scritti da Pasolini nel suo ultimo anno di vita. In questi scritti Pasolini analizza in modo spietato gli effetti del consumismo sulla società italiana ed esplicita un vero e proprio atto d’accusa verso la classe dirigente e politica. Colpisce il fatto che, nonostante siano passati quasi quarant’anni, Pasolini sembra descrivere l’attuale situazione socio-politica, come se il tempo si fosse fermato. E questo perché nei suoi ragionamenti lui sviscera e condanna gli effetti politici e sociali del compromesso, allora in atto, fra la democrazia cristiana e i partiti della sinistra, compromesso di cui oggi ancora viviamo le conseguenze. Sono cambiati i nomi, ma la sostanza è la stessa.
Degne di nota, e sunto di tutta la sua riflessione, le parole finali dell’ultimo articolo, quando rivolgendosi ai radicali di allora li esorta a restare diversi e contrari, perché dice: “…il consumismo può rendere immodificabili i nuovi rapporti sociali espressi dal nuovo modo di produzione «creando come contesto alla propria ideologia edonistica, un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili». Ora, la massa degli intellettuali che ha mutuato da voi attraverso una marxizzazione pragmatica di estremisti, la lotta per i diritti civili, rendendola così nel proprio codice progressista, o conformismo di sinistra, altro non fa che il gioco del potere: tanto più un intellettuale progressista è fanaticamente convinto delle bontà del proprio contributo alla realizzazione dei diritti civili, tanto più, in sostanza, egli accetta la funzione socialdemocratica che il potere gli impone abrogando, attraverso la realizzazione falsificata e totalizzante dei diritti civili, ogni reale alterità. Dunque tale potere si accinge di fatto ad assumere gli intellettuali progressisti come propri chierici. Ed essi hanno già dato a tale invisibile potere una invisibile adesione intascando una invisibile tessera. Contro tutto questo voi non dovete far altro (io credo) che continuare semplicemente a essere voi stessi: il che significa a essere continuamente irriconoscibili. Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare.”
Quando nel ’75 Pasolini fu assassinato, Moravia urlò che era stato ucciso un poeta e che di poeti come Pasolini ne nasce uno ogni cent’anni. Sono d’accordo e dico di più, anche di teste pensanti e lungimiranti come quelle di Pasolini ne nasce una ogni cent’anni. Un intellettuale di enorme spessore, non solo un uomo di grande cultura, ma un vero filosofo. E filosofi, appunto, non si diventa, ma si nasce. Uno ogni cent’anni. -
Difficilmente comprensibile se non si hanno conoscenze delle dinamiche sociopolitiche degli anni '60 e '70 in Italia. Per apprezzarlo pienamente occorrerebbe prima documentarsi e informarsi riguardo gli argomenti trattati; di universale rimane la figura di un grande intellettuale che ha il coraggio di percorrere la solitaria via dell'indagine e della critica di un sistema sbagliato, facendolo in modo originale e non banale, con un sistema di pensiero indipendente. Il lessico forbito e l'acutezza intellettuale di Pasolini rendono difficile a un lettore di cultura media (me compreso) la comprensione di buona parte degli scritti, soprattutto quelli che vanno contestualizzati storicamente.
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Ho sempre avuto l'idea che Pasolini fosse una sorta di tabù: da una parte si percepisce l'ammirazione per il personaggio, ma dall'altro se ne parla en passant . E forse la mia impressione è corretta: Pasolini, di fatto, è certamente un personaggio scomodo, per l'Italia del secondo Novecento.
Leggendo queste pagine, mi sono reso conto di come sia assurdo conoscere eventi lontani di secoli (prendiamo una guerra dei Cent'anni, per esempio) e ignorare, o conoscere molto superficialmente, gli eventi di un così recente passato come il secondo Novecento. In questo mi sento assolutamente ignorante: certo, conosco in generale la storia europea del periodo, ma dell'Italia, delle sue trasformazioni politiche ed economiche, nel dettaglio, davvero ben poco. Ed è un grande, grandissimo peccato non sapere cosa sia accaduto nella giungla politica e sociale in questo periodo.
Se avessi avuto maggiori conoscenze, certamente avrei apprezzato maggiormente l'opera di Pasolini, per lo meno in quanto sarei riuscito a contestualizzarla meglio.
Ma, anche così, l'opera mi ha molto colpito. A esser sinceri, temevo sarebbe stata una noia, invece si è rivelata tremendamente, e spaventosamente, attuale e attualizzabile. Con un procedere che, a qualche decennio di distanza, ha un che di profetico (e apocalittico?), Pasolini tratteggia cosa sia il "mutamento antropologico", cioè come e perché gli italiani siano cambiati tra il '60 e il '70.
La colpa, riassumendo, secondo Pasolini, sta nel nuovo modo di produzione capitalistico e consumistico; si ritorna, insomma, alle considerazioni marxiste e comuniste (per quanto, in alcuni casi, originali e sui generis ): questa parte mi ha fatto un po' storcere il naso. Mi spiego: ciò che dice l'autore è sostanzialmente corretto, condivido una grossa parte delle sue affermazioni; ciò che invece non mi ha fatto impazzire è stato il ripetitivo richiamo al Pci e ai comunisti, che, per quanto rimbrottati ripetutamente, sono grossomodo un modello positivo, opponibile ai gerarchi DC.
Qui, però, mi auto-colpisco in testa: non posso parlare e criticare, se prima non conosco davvero quale significato (intendo storico e politico) queste parole realmente abbiano; credo, cioè, non basti l'idea scolastica e nozionistica di questi due termini, per comprenderli. Voglio dire, al giorno d'oggi cosa significa essere comunisti o democristiani?
Chiusa parentesi, ripeto che l'analisi fatta da Pasolini è spaventosamente attuale. Fa un po' pena, ma in un senso positivo, che egli sia una sorta di don Chisciotte, che lotta contro i mulini a vento: non sono poche le volte in cui Pasolini si appella ad autorità politiche e intellettuali, invitandole a un confronto, o per lo meno a un intervento; ma, si sa, quando viene detto qualcosa di scomodo e di vero, si preferisce il silenzio.
Mi è dispiaciuto non poter leggere il "seguito" del Gennariello, il "trattatello pedagogo" dell'autore, rimasto monco alla seconda parte: mi è sembrata una parte molto originale, oltre che interessante.
In definitiva, le Lettere luterane offrono uno scorcio nuovo e originale sul cambiamento dell'Italia negli anni '70, mettendo in luce soprattutto i mutamenti sociali. Resta da chiedersi: possiamo parlare di progresso? Un tempo forse avrei detto sì. Ma l'Italia, me ne rendo conto, non è ancora un Paese civile. -
WM1: La Trilogia della vita (cioè i tre film Il Decameron, I racconti di Canterbury e Il fiore delle Mille e una notte) mette in scena il sesso e il suo "linguaggio", la potenza dell'eros, la lotta contro ciò che blocca il desiderio.
La presa di distanza che Pasolini esprime nella "Abiura della Trilogia della vita" (1975) ha molto in comune con quel che scriverà Foucault un anno dopo nel primo capitolo de La volontà di sapere, intitolato "Noialtri vittoriani". E' falsante descrivere il rapporto tra sesso e potere in termini di repressione del primo da parte del secondo. I due termini di questa presunta relazione sono entrambi equivoci: cos'è la sessualità? Cos'è il potere?«Io abiuro dalla Trilogia della vita, benché non mi penta di averla fatta. Non posso negare la sincerità e la necessità che mi hanno spinto alla rappresentazione dei corpi e del loro simbolo culminante, il sesso. Tale sincerità e necessità hanno diverse giustificazione storiche e ideologiche. Prima di tutto esse si inseriscono in quella lotta per la democratizzazione del "diritto a esprimersi" e per la liberazione sessuale, che erano due momenti fondamentali della tensione progressista negli anni Cinquanta e Sessanta. In secondo luogo, nella prima fase della crisi culturale e antropologica cominciata verso la fine degli anni sessanta - in cui cominciava a trionfare l'irrealtà della sottocultura dei "mass- media" e quindi della comunicazione di massa - l'ultimo baluardo della realtà parevano gli "innocenti" corpi con l'arcaica, fosca, vitale violenza degli organi sessuali [...] Ora, tutto si è rovesciato. Primo: la lotta progressista per la democratizzazione espressiva e per la liberazione sessuale è stata brutalmente superata e vanificata dalla decisione del potere consumistico di concedere una vasta (quanto falsa) tolleranza. Secondo: anche la "realtà" dei corpi innocenti è stata violata, manipolata, manomessa dal potere consumistico; anzi, tale violenza sui corpi è diventato il dato più macroscopico della nuova epoca umana»
Negli stessi anni in cui i movimenti omosessuali cominciano la loro lunga battaglia per libertà e apertura, Foucault e Pasolini (due omosessuali che più volte, esplicitamente o implicitamente, affermarono di preferire e/o rimpiangere e/o trovarsi bene nella dimensione "iniziatica" del segreto e della doppiezza*) mettono in guardia tutti quanti (etero e gay), esortano a sospettare di quella libertà e di quell'apertura, sostenendo che il problema della sessualità non è (non è più?) la sua repressione. Ed è (anche) questo che Pasolini cerca di mettere in scena in Petrolio. E, ovviamente, è questo il tema di Salò. L'ultimo Pasolini si interrogava su questo. E se non fosse morto nel novembre del '75, certamente l'anno dopo avrebbe trovato un alleato nel Foucault che avviava gli studi sulla sessualità. Che "what if" affascinante! Mi azzardo a dire "certamente" perché Pasolini conosceva le opere di Klossowski (amico di Foucault) e Bataille (grande ispiratore di Foucault).
La riflessione partita allora sfocia, trent'anni dopo, nelle rappresentazioni del sesso che dà Walter Siti (non a caso altro omosessuale e studioso di Pasolini) nei suoi "oggetti narrativi": in un libro come Il contagio non c'è proprio più nulla che somigli alla repressione sessuale denunciata dal freudo-marxismo, dal '68 etc.
E' terribilmente riduttivo dire che Pasolini fu un "reazionario", come continuano a fare gli attempati reduci del Gruppo 63 e i loro eredi. Certamente ebbe sussulti di quel tipo e tentò contrattacchi su quel terreno ("Io sono una forza del passato" etc.), ma in realtà, soprattutto nei suoi anni "corsari" (e già a partire dal '68), Pasolini attaccò il nemico non nelle postazioni che stava abbandonando bensì in quelle che stava per occupare. In questo, al di là delle differenze di background, di lessico e di posizionamenti tattici, potremmo scoprirlo molto vicino a certo pensiero radicale francese.
P.S. Rimando anche a una mia lettura di Salò di Pasolini (e di Amici miei di Monicelli) fortemente influenzata da Foucault:
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=114* Cfr. James Miller, La passione di Michel Foucault, Longanesi, Milano 1993; quanto a Pasolini, si paragona - con un certo compiacimento - a Mister Hyde in una lettera aperta a Calvino dell'8 luglio 1974, ora in Scritti corsari, Garzanti, 1990, p. 52: "Ma io, come il dottor Hyde, ho un'altra vita". Il senso nascosto dell'affermazione sarebbe stato chiaro ai più un anno e mezzo più tardi.
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E tu splendi, invece, Gennariello.
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很奇怪时间上只比Scritti corsari稍晚但文体(不是内容)却绝望很多,几乎是神秘地迎合了后人对一个将死先知的期待。跟上一本花了很多精力理论化“人类学转变”不同,这本几乎完全就是炮打消费社会和天民党(但主要落在执政党需要为消费社会的形成负责这个意义上,所以他和比如说Sciascia或Petri的思路似乎其实只有狂黑DC这个表面的共同点),跟Petrolio的基调很相似,“一个爱国者被祖国背叛了”。
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ciò che conta è la sincerità e la necessità di ciò che si deve dire. non bisogna tradirla in nessun modo, e tanto meno tacendo!
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Io mi sento una di quei 'giovani infelici', o meglio figlia di quei giovani infelici di cui Pasolini parla nelle sue 'Lettere Luterane'. Gli anni 50-70 sono un gran mistero per le generazioni moderne. Cosa è successo in Italia nel dopoguerra e successivi anni? La scuola non ce lo insegna, ci lascia ignoranti degli anni in cui il nostro Paese attuale affonda le proprie radici. Pasolini penserebbe che la scuola e il 'Palazzo' abbiano volutamente bloccato l'istruzione storica della maggioranza della gioventù italiana alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Che brillante manovra quella di mantenere i cittadini votanti più ignoranti (vecchia quanto l'uomo!). Nel frattempo siamo nel 2021, e le nuove generazioni, nelle cui mani è il futuro del paese, imparano fino al '45, dopodichè la storia si ferma per ben 76 anni. Certo che è difficile capire che diamine succede in Italia con quasi un secolo che ci viene tenuto nascosto! In Lettere Luterane abbiamo innumerevoli riferimenti a cose accadute in quegli anni, di cui scommetto la maggioranza della popolazione italiana contemporanea sa poco o nulla. Leggere Pasolini non è una passeggiata. L'autore è diretto nelle sue critiche, nei suoi rimproveri. Leggendolo, si sente qualcosa che pizzica, tra il 'non voglio che abbia ragione' ma di fatto, la realtà che sto vivendo, è proprio quella che aveva predetto! La civiltà dei consumi ha prodotto esattamente il tipo di umanità descritta in questo libro: infelice, ansiogena, nevrotica. Tuttavia mi sento di spezzare una lancia a favore di questa umanità tanto malridotta e di frenare il pessimismo dilagante dell'autore. Storicamente l'uomo non va mai solo in discesa, ma segue sempre un ciclo (come dicevano già i greci). La storia si ripete e a periodi neri ne seguono sempre di migliori. A distanza di anni, quel che Pasolini descrive è l'inizio di una nuova era, l'inizio di un grande cambiamento, e noi attualmente o ci troviamo al picco di quel cambiamento o alla fine. Indubbiamente la trasformazione antropologica di cui si parla in questo libro è stata a lungo oggetto di riflessioni e critiche negli anni e molti provvedimenti sono stati presi, sin da allora. La situazione non è rosea ancora, la politica in Italia è ancora nebbiosa e imbarazzante, la scuola è ancora indietro e inutile nel formare nuove generazioni di cittadini consapevoli, la televisione ha i suoi alti e bassi. Tra una pagina e l'altra, mi chiedevo quale sarebbe stato il suo pensiero sulla diffusione di internet. Ma ancora una volta il progresso non si può fermare. Non è mai colpa della tecnologia, solo dell'uso che se ne fa. E per questo una corretta educazione delle masse è fondamentale al cambiamento positivo di cui tanto necessitiamo.
Voglio concludere con questo estratto:
"Siamo stanchi di diventare giovani seri,
o contenti per forza, o criminali, o nevrotici:
vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare
qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare.
Non vogliamo essere subito già così sicuri.
Non vogliamo essere subito già così senza sogni.
Sciopero, sciopero compagni! Per i nostri doveri." -
«io sono come un negro in una società razzista che ha voluto gratificarsi di uno spirito tollerante. Sono, cioè, un «tollerato».
La tolleranza, sappilo, è solo e sempre puramente nominale. Non conosco un solo esempio o caso di tolleranza reale. E questo perché una «tolleranza reale» sarebbe una contraddizione in termini. Il fatto che si «tolleri» qualcuno è lo stesso che lo si «condanni» La tolleranza è anzi una forma di condanna più raffinata Infatti al «tollerato» – mettiamo al negro che abbiamo preso ad esempio – si dice di far quello che vuole, che egli ha il pieno diritto di seguire la propria natura, che il suo appartenere a una minoranza non significa affatto inferiorità eccetera eccetera. Ma la sua «diversità» – o meglio la sua «colpa di essere diverso» – resta identica sia davanti a chi abbia deciso di tollerarla, sia davanti a chi abbia deciso di condannarla. Nessuna maggioranza potrà mai abolire dalla propria coscienza il sentimento della «diversità» delle minoranze. L’avrà sempre, eternamente, fatalmente presente. Quindi – certo – il negro potrà essere negro, cioè potrà vivere liberamente la propria diversità, anche fuori – certo – dal «ghetto» fisico, materiale che, in tempi di repressione, gli era stato assegnato.
Tuttavia la figura mentale del ghetto sopravvive invincibile. Il negro sarà libero, potrà vivere nominalmente senza ostacoli la sua diversità eccetera eccetera, ma egli resterà sempre dentro un «ghetto mentale», e guai se uscirà da lì.
Egli può uscire da lì solo a patto di adottare l’angolo visuale e la mentalità di chi vive fuori dal ghetto, cioè della maggioranza.
Nessun suo sentimento, nessun suo gesto, nessuna sua parola può essere «tinta» dall’esperienza particolare che viene vissuta da chi è rinchiuso idealmente entro i limiti assegnati a una minoranza (il ghetto mentale). Egli deve rinnegare tutto se stesso, e fingere che alle sue spalle l’esperienza sia un’esperienza normale, cioè maggioritaria.» -
"[...]l'Italia di oggi è distrutta esattamente come l'Italia del 1945. Anzi, certamente la distruzione è ancora più grave, perché non ci troviamo tra macerie, sia pur strazianti, di case e monumenti, ma tra macerie di valore: valori umanistici e, quel che più importa, popolari. Come quelli del 1945 gli uomini di potere italiani - a causa non solo della distruzione che hanno operato, ma soprattutto a causa dell'abiezione dei fini e della stupida inconsapevolezza con cui hanno operato - sarebbero degni di un nuovo Piazzale Loreto [...]"
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Personalmente lo sento come un libro di altri tempi, nel senso che c’è tutta quella alta considerazione della politica in qualsiasi aspetto, tipica (pare, io non c’ero) degli anni ‘70 in Italia. Questo mi ha rallentato molto nella lettura perché mi è risultato “pesante da digerire”. Però il libro è bellissimo, scritto anche con una certa ironia, ma soprattutto è spaventoso e preoccupante vedere che un sacco delle cose scritte qui da Pasolini oggi sono diventate realtà. Bellissima l’analisi obbediente-disobbediente!!!!
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Quanto mai attuale. Molto bello il saggio "I giovani infelici". Riporto qui alcuni versi della sezione Postilla in versi: (...) Siamo stanchi di diventare giovani seri, o contenti per forza, o criminali, o nevrotici: vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare. Non vogliamo essere subito già così sicuri. Non vogliamo essere subito già così senza sogni.
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Rispetto a Scritti corsari, che è precedente a questa raccolta, Lettere luterane mostra un Pasolini più duro e, forse, anche più estremo nelle sue tesi. La parte più interessante è forse la denuncia delle malefatte morali dei «gerarchi della DC» e l'auspicio di un Processo nei loro confronti: una condanna durissima, se si pensa che è stata fatta dalle pagine del Corriere della Sera.
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"contro tutto questo voi non dovete fare altro (io credo) che continuare semplicemente a essere voi stessi: il che significa essere continuamente irriconoscibili. Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, estremamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare."
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"Non temere di essere ridicolo: non rinunciare a niente." (p. 62)
"Il crollo del presente implica anche il crollo del passato. La vita è un mucchio di insignificanti e ironiche rovine." (p. 73)
"Le passioni sono senza soluzioni e senza alternative." (p. 93) -
3.5/5
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Severa critica al consumismo italiano da parte di un autore molto attento ai problemi del nostro Paese, su cui spesso si passa sopra.
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Raccolta di interventi pasoliniani su temi sociali, pedagocici e cinematografici utili a conoscere il pensatore dietro all'artista. Sarebbe stata apprezzabile una conclusione al progetto riguardante Gennariello. -
Gli ultimi scritti crudi e intensi di Pasolini, un archivio culturale necessario.
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მგონი პაზოლინი შემზიზღდა :დ
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Potente... lo farei leggere a molti influencer dei giorni d'oggi...
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Libro incredibile pieno d'interessanti osservazioni da parte di Pasolini sull'Italia di ieri (ma anche di oggi). Da leggere per chiunque sia un appassionato dell'autore.
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La rabbia di Pasolini per il genocidio culturale a cui stava venendo sottoposta l'Italia tra gli anni Sessanta e Settanta. La rabbia nostra, a genocidio ormai più che compiuto.